Sta facendo discutere, e non poco, la vicenda riguardante Antonio Cianci, l’ergastolano che ha accoltellato un uomo con un taglierino durante un permesso premio. Una notizia che è giunta anche alle orecchie dell’ex ministro dell’interno, il leader della Lega Matteo Salvini, che attraverso i social ha spiegato: “Aveva ucciso quattro persone – un metronotte e tre carabinieri – ed è stato condannato all’ergastolo – commenta il numero uno del Carroccio – ma grazie a un permesso premio era fuori dal carcere e ha accoltellato un uomo per rapinarlo. Altro che schedare le Forze dell’Ordine come vuole il Pd In Italia servono regole, rispetto e certezza delle pena. E nessun premio ai killer spietati, soprattutto se hanno ucciso donne o uomini in divisa”. Se è vero che l’ordinamento italiano permette dei permessi premi e delle buone uscite ad ogni carcerato, ad esclusione dei mafiosi in regime di 41 bis, è anche vero che fa specie il fatto che una persona che abbia ucciso ben 4 volte in due diverse occasioni, fra cui il primo omicidio a soli 15 anni, sia riuscito a girare libero per strada. Evidentemente Cianci aveva dato segnali positivi, ma la realtà ha purtroppo smontato tale tesi. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
ANTONIO CIANCI: LA RICOSTRUZIONE DELL’AGGRESSIONE
Aveva ancora il taglierino in tasca quando l’ergastolano Antonio Cianci, è stato arrestato. Il 60enne di Melzo era uscito dal carcere di Bollate con un permesso premio, ma ha tentato di uccidere di nuovo, per la quinta volta nella sua vita: la vittima designata, un 79enne che è stato ferito alla gola con il taglierino di cui sopra, nel parcheggio sotterraneo dell’ospedale San Raffaele di Milano. Come riferisce Today, l’uomo aggredito ha raccontato di essere stato accoltellato attorno alle ore 18:00 di ieri, sabato 9 novembre, ed ha spiegato agli inquirenti di essere stato prima minacciato da Cianci, quindi ferito con un taglierino alla gola. L’ergastolano è stato successivamente bloccato dalle forze dell’ordine nei pressi dell’ospedale, con i pantaloni insanguinati, l’arma usata nell’aggressione, dei guanti, e il cellulare della vittima. L’uomo è stato ricondotto in carcere ed ora dovrà subire un nuovo processo. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
L’ERGASTOLANO ANTONIO CIANCI HA ACCOLTELLATO UN UOMO MENTRE ERA IN PERMESSO PREMIO
Un ergastolano in permesso premio ha accoltellato un uomo a Milano nella giornata di ieri. La notizia, riportata a cascata dai principali organi di informazione online, ha come protagonista in negativo tale Antonio Cianci, un pregiudicato di sessant’anni che nell’ottobre del 1979 aveva ammazzato tre carabinieri in quel di Melzo, in provincia di Milano. Nel 1974, invece, quando era ancora minorenne, aveva ucciso una guardia giurata ed era così finito in riformatorio. L’uomo si trovava rinchiuso nel carcere di Bollate, ma grazie alla buona condotta era riuscito ad ottenere un permesso premio. Evidentemente aveva un conto in sospeso con qualcuno visto che, nella giornata di ieri, si è recato presso il parcheggio sotterraneo dell’ospedale San Raffaele di Milano, ed ha accoltellato alla gola un uomo di 79 anni.
ANTONIO CIANCI ERA IN CARCERE PER TRE OMICIDI
La vittima è stata soccorsa e curata presso lo stesso ospedale, e le sue condizioni fisiche sono ritenute gravi ma fortunatamente non è in pericolo di vita. Come riferisce l’edizione online di Repubblica, l’agguato sarebbe avvenuto nell’ascensore che porta al parcheggio sotterraneo. Originario di Cerignola, Cianci, a soli 20 anni, uccise tre carabinieri nella notte fra l’8 e il 9 ottobre del 1979, dopo che i militari dell’arma lo aveva fermato ad un posto di blocco nel milanese, precisamente fra Liscate e Melzo, visto che lo stesso risultava essere a bordo di un’automobile rubata. Mentre le forze dell’ordine stavano controllando i documenti del mezzo, il ragazzo estrasse la pistola e sparò, uccidendo il maresciallo Michele Campagnuolo, l’appuntato Pietro Lia e il carabiniere Federico Tempini. Una volta arrestato, il ragazzo non confessò, ma disse che a sparare furono degli sconosciuti poi scappati. I magistrati la pensarono diversamente e dopo l’ergastolo in primo grado, la pena venne confermata anche in appello nel 1983 e successivamente in Cassazione.