Cosa resta di una persona amata dopo la sua morte? È possibile in qualche modo connettersi con lui o è solo un gioco della mente? "Body Art" di Don DeLillo
C’è una presenza misteriosa nella casa di Lauren, giovane body artist che ha appena subito il lutto della morte per suicidio del marito, Ray, famoso regista e scrittore. All’inizio sono solo rumori: un termosifone che perde, la caldaia che ha problemi, il vento. Poi sono lamenti, parole senza senso. Fantasmi. Alla fine si manifesta all’improvviso un ragazzo dall’aspetto dolce e infantile in una delle tante stanze della vecchia casa sulla costa del Maine dove la donna si è rinchiusa per rielaborare lo shock del lutto improvviso.
Era stata una mattina come tante: moglie e marito avevano fatto colazione insieme, un battibecco di poco conto in una coppia affiatata ma anche provata dal tempo. Sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto vivo.
Lauren si rinchiude nel silenzio della casa, delle lunghe passeggiate in riva al mare, ascolta in un vecchio registratore la voce del marito. Fino a quella apparizione. Mr. Turtle, come lo chiama lei. E il tempo e lo spazio perdono il loro corso regolare. Il giovane ripete le parole di lei e del marito, come se le avesse memorizzate. Si apre uno squarcio spazio-temporale: “Il tempo è la forza che ci dice chi siamo. Chiudi gli occhi e ascoltalo. È il tempo a definire la tua esistenza”.
Don DeLillo è considerato se non il più importante uno dei più importanti scrittori postmoderni americani, quella corrente letteraria meno attenta al realismo tipico della letteratura classica e alla trama raccontata da un punto di vista oggettivo, interessata invece allo sviluppo dei personaggi tramite il soggettivismo metafisico. Ma in Body Art (Einaudi, 2001) lo scrittore va oltre il suo stesso approccio, producendo un’opera unica. Poche pagine, circa 80, per una meditazione sulla morte, sulla solitudine, su quanto resta di chi se ne è andato e al tema del tempo e della sopravvivenza dei ricordi dopo la morte. Il giovane sconosciuto che lei chiamerà Mr. Turtle è simbolo di una costante incomunicabilità tra presente e passato, passato replicabile sì con un mezzo tecnologico come un registratore dove poter ascoltare la voce del marito, ma mai davvero riproducibile nella sua autenticità. Enigmatico, quasi un thriller, affascina chi si lascia trasportare dall’incredulità: “Uno sconosciuto è mio amico”, come diceva Kierkegaard.
Lo sconosciuto sembra sia in stato confusionale, ma inizia a ripetere scampoli degli ultimi dialoghi tra Lauren e Rey, assumendo ora la voce dell’uno, ora dell’altro. Dopo lo shock, Lauren accetta la presenza di Mr. Turtle che in modo imprevedibile riempie il suo vuoto. Dedicarsi ai suoi esercizi di yoga sapendo che nell’altra stanza si aggira un uomo, un riflesso sbiadito dei ricordi che sono stati, è in qualche modo una consolazione. Qualcosa, però, resta inquietante: l’uomo non sembra vivere nel presente di Lauren: “Trovava interessante pensare che lui vivesse dentro realtà sovrapposte. Molte cose sono interessanti, stupida, ma nemmeno lontanamente vere”.
Scritto in modo raffinato, pungente e sognante, il breve libro va dritto alla sostanza colpendo come una lama affilata, lasciando il lettore con mille domande come sempre dovrebbe essere nella vita: “Il tempo sembra passare. Il mondo accade, gli attimi si svolgono, e tu ti fermi a guardare un ragno attaccato alla ragnatela. C’è una luce nitida, un senso di cose delineate con precisione, strisce di lucentezza liquida sulla baia. In una giornata chiara e luminosa dopo un temporale, quando la più piccola delle foglie cadute è trafitta di consapevolezza, tu sai con maggiore sicurezza chi sei. Nel rumore del vento tra i pini, il mondo viene alla luce, in modo irreversibile, e il ragno resta attaccato alla ragnatela agitata dal vento”.
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