Chi ha detto che "libertà" implica fare a meno di ogni rapporto o relazione? Abbiamo fatto l'errore di Enea con Didone. L'altro è un mistero che ci compie

Indipendenza. Libertà. Tutto desiderabile, ma a che costo? La solitudine? Di solitudine siamo già pieni. Perché la vita è solitudine. Se uno fosse serio e vero con se stesso e con gli altri ammetterebbe che siamo tutti drammaticamente soli.

Ma non credo che indipendenza, libertà vogliano dire essere soli.

Didone di Davide Rondoni racconta di una possibilità di libertà dentro un rapporto, dentro una relazione. Scrive Rondoni:



“Un grande cuore” hai scritto poeta infame
così le generazioni penseranno
nei secoli dei secoli in ogni reame
che io la poveretta non avevo cuore
a sufficienza che capire ‘sto randagio
e che volevo mettergli addosso il collare
non farlo andare, ed essere, come dice
un poeta di nome Clemente “una donna contagio.”
Lui sì, il Clemente milanese, forse mi avrebbe capita
“la parola
senza bacio lascia più sole le labbra”…
Allora, forse lui, non te Virgilio,
che non l’avrei mica rapito
al suo destino, magari a Roma
ci si andava insieme
si beveva qualcosa da Rosati o su
all’Aventino, al parco degli aranci
gli avrei posato la testa sul giubbottino
trovavamo un alberghetto romantico
anche se non adatto al mio rango,
insomma ci si divertiva…
Invece m’ha lasciata in questo nero fango…
A fare pura la figura della gallina.
Non ha più luce il giorno, e colore
della cenere la mattina
Ha detto no anche alla mia sorellina…
cosa mi resta da fare,
la scena ormai è finita, il teatro
ormai è ultimato…
la pira è pronta”



9 novembre 1989, a Berlino cade il Muro che divide Est e Ovest (Ansa)

Questo è affascinante, non “l’utero è mio e ne faccio quello che voglio io”. Puoi fare quello che vuoi anche insieme a qualcuno che ti voglia bene in quel “fare quello che vuoi”.

Qui abbiamo perso noi donne, qui abbiamo perso tutti.

Si lotta da secoli contro chi può essere compagnia, relegando ciò che è “altro” a un ostacolo.

Abbiamo vissuto come “o io o te”, come Enea quando lascia Didone “o il mio sogno di raggiungere Roma o te, Didone”. Quando invece Didone chiedeva di essere guardata, di entrare in relazione con Enea e i suoi interessi e poi lasciarsi liberi di scegliere.



Questo dovremmo chiedere nel femminismo, questo dovremmo chiedere nell’“umanismo”: di essere liberi in una relazione.

Quindi forse anche il problema del “femminismo”, come il problema del “patriarcato”, si riconduce a un problema educativo di affettività? Di imparare a relazionarsi con chi ti sta davanti, uomo o donna che sia, pensando all’altro come “altro da sé”, non come qualcosa con cui lottare perché “altro”, ma “altro” nel senso di mistero da sondare, qualcosa che ha il diritto di essere tanto quanto me, di esprimersi tanto quanto me, di costruirsi tanto quanto me. Un altro di cui stupirsi, da osservare, da vivere, e nel caso lasciare andare.

La libertà di poter entrare e uscire nelle relazioni tenendo conto di me, ma anche dell’altro.

La libertà di poter lasciar andare/andarsene e non sentirsi mai soli. La libertà di poter restare e non sentirsi mai schiavi.

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