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Home » Cultura » Letture e Recensioni » LETTURE/ San Francesco, nel “Cantico” una rivoluzione dello sguardo sul mondo

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LETTURE/ San Francesco, nel “Cantico” una rivoluzione dello sguardo sul mondo

Silvana Rapposelli
Pubblicato 2 Settembre 2025
Giotto, "San Francesco riceve le stimmate" (1317-25, Cappella Bardi, Firenze)

Giotto, "San Francesco riceve le stimmate" (1317-25, Cappella Bardi, Firenze)

A 800 anni dalla composizione del “Cantico delle creature”, le parole di san Francesco invitano a riguadagnare un approccio diverso alla realtà creata

In attesa dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, che ricorre nel 2026, quest’anno si celebra l’ottavo centenario della composizione del Cantico delle creature o Cantico di frate sole, scritto tra il 1224 e il 1225 e accompagnato dalla musica, anche se della melodia, composta dallo stesso autore che la insegnò ai suoi frati, purtroppo non ci è rimasta traccia.


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San Francesco può a buon diritto essere considerato un santo non solo innovatore, ma rivoluzionario: nella sua epoca, di fronte ai valori emergenti della società feudale e comunale, proclamò quelli opposti. Contro l’odio e la guerra, l’amore e la pace; contro la cupidigia del nuovo ceto mercantile, la povertà; contro la volontà di godere della società opulenta, la perfetta letizia nella povertà e nella sofferenza.


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Contro l’ascetismo tradizionale, che predicava il rifiuto del mondo e di fronte ai nuovi movimenti ereticali che – dualisticamente – disprezzavano la materia contrapponendola allo spirito, affermò la bontà dell’universo come opera di Dio, come testimonianza della Sua bontà, da amare e da sentire come scala per giungere a Lui.

Per la lettura del Cantico di Francesco, espresso in un linguaggio poetico di una forza insuperata, ci lasciamo guidare dall’itinerario originale e attualissimo proposto da padre Massimo Tedoldi, religioso francescano, nel suo La lode guarisce ogni nostro patire (San Paolo, 2023).


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Il momento della composizione del Cantico non è tra i più felici nella vita di Francesco: soffriva un acuto dolore agli occhi, ormai quasi ciechi, che si aggiungeva alle altre sue infermità, e riceverà le stimmate. Eppure sente di dover comporre una Lauda al Signore per le sue creature, dono che spesso vede gli uomini distratti e ingrati: “a lode di Lui e a mia consolazione e per edificazione del prossimo”, dice l’antica biografia detta Legenda Perusina.

La prima fonte del suo canto è la Sacra Scrittura, con cui Francesco ha notevole dimestichezza (Tedoldi, op.cit. pag.15), specie il Salmo 148 (“Lodate il Signore dai cieli…”) e il cantico dei fanciulli nella fornace che troviamo nel profeta Daniele (“Benedite, opere tutte del Signore, il Signore…”).

Lo scopo dell’edificazione del popolo dei fedeli è facilmente raggiunto innanzi tutto perché il cantare insieme coinvolge non solo l’intelletto ma anche i sensi, sia perché il cantico usa la lingua parlata dalla gente, il volgare umbro del tempo, quello che noi consideriamo tra le prime testimonianze scritte dell’italiano.

Il creato dunque per il Santo di Assisi non è falsa apparenza, ma apparizione del divino che entra in noi attraverso le porte dei cinque sensi. La natura è testimonianza della bontà divina, elargizione di una Presenza provvidente e dei suoi regali quotidiani.

San Francesco contempla nelle cose l’orma del Creatore e nel sole (frate sole) l’immagine che rimanda direttamente all’Altissimo. Per questo egli può provare diletto (piacere) nel vedere le creature e può perfino provare affetto per “frate verme”.

San Francesco di Benozzo Gozzoli
San Francesco di Benozzo Gozzoli

Padre Tedoldi nel suo studio Le cinque porte dello Spirito (Biblioteca francescana, 2023) ha indagato il ruolo che i sensi hanno per il francescano San Bonaventura, secondo il quale anche i sensi partecipano in qualche modo alla ricerca di Dio. Il procedere ascensivo dell’uomo, l’itinerario dalla materia allo spirito è visto infatti come un continuum, non essendovi contrapposizione tra i due ordini. Il contatto dei cinque sensi con la realtà corrispondente echeggia o anticipa quella gioia che scaturisce dall’unione dell’anima con Colui che è sommo bene, il solo buono.

Il canto lenisce il dolore perché induce anche il corpo a desiderare di vivere secondo la volontà di Dio; ecco spiegato il titolo dell’opera di Tedoldi: “Assorti nella lode del Signore, dimentichiamo l’acerbità dei dolori” (Tedoldi, op.cit. pag. 39). Francesco vedeva la bellezza anche nella prova, e ciò che era amaro per lui diventava dolce.

Nell’ultima parte del suo lavoro Tedoldi si sofferma sull’enciclica Laudato si’ che papa Francesco nel 2015 ha dedicato al dramma della casa comune, oggi sempre più saccheggiata e disastrata. E’ come se il creato levasse un grido amaro per lamentarsi dei maltrattamenti umani. Il mondo ormai non è visto più come creato, ma solo come ambiente, habitat, territorio, e – citando papa Benedetto XVI – “il consumo brutale della creazione inizia dove non c’è Dio, dove la materia è ormai soltanto materiale per noi, dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove l’insieme è soltanto proprietà nostra” (Tedoldi, op.cit. pag. 68).

I mali della casa comune nascono infatti dall’egoismo umano, dal consumismo rapace, dalla spregiudicata ricerca del profitto e dell’utile ad ogni costo.

In conclusione, sarebbe auspicabile ritornare a san Francesco, al suo “Laudato si’”. Ciò permetterebbe agli uomini di oggi di riscoprire la meraviglia, lo stupore e la lode come le medicine giuste per risanare la nostra casa comune, per fondare una ecologia integrale.

 

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