LETTURE/ Un foro nel muro delle falsità: la storia d’Inghilterra secondo Chesterton

- Silvia Stucchi

G.K. Chesterton scrisse anche una “Piccola storia d’Inghilterra”. Il Regno Unito è stato teatro di una vera rivoluzione, fatta dalla corona e da una ristretta oligarchia

lucashorenbout enricoVIII 1526arte1280 640x300 Lucas Horenbout, Enry VIII (1526), particolare

Il pieno riconoscimento alle qualità di scrittore di G.K. Chesterton in Inghilterra è stato pregiudicato dalla sua conversione dalla fede anglicana a quella cattolica, perché l’opinione comune, ancora oggi, riduce la sua figura a quella di mero propagandista cattolico, o al massimo a quella dell’autore dei piacevoli racconti con protagonista il prete-investigatore Padre Brown.

Invece, raramente capita di imbattersi in pagine di potente lucidità come quelle della Piccola storia d’Inghilterra (Oaks editrice, Milano 2020). In effetti, come sottolinea nell’introduzione P. Gulisano, il Chesterton più significativo è quello dei saggi storici e filosofici, in cui denuncia le aberrazioni della modernità: egli ritiene, infatti, che il mondo moderno abbia subito un tracollo mentale, infinitamente più consistente del tracollo morale. Di fronte a tale scenario disastroso, Chesterton sceglie il cattolicesimo, affermando che esistono molte valide ragioni per giustificare questa scelta, e tutte riconducibili a una ragione di fondo: il cattolicesimo è vero, e compito della Chiesa è segnalare le strade che portano al nulla o alla distruzione.

La Piccola storia d’Inghilterra, pubblicata nel 1917, costituisce un unicum fra i manuali del mondo britannico. Narrando la storia del suo Paese, infatti, Chesterton si dimostra un patriota e non un nazionalista: come ogni vero innamorato del suo Paese, ne sottolinea bellezze e storture, parlandone apertamente. Egli era anche un patriota delle patrie altrui, prima fra tutte l’Irlanda, cui si sentiva molto legato, e non ebbe paura di denunciare vessazioni e ingiustizie da essa patite per mano inglese. E così, anche esaminando l’epoca che aveva visto l’ascesa dell’Impero britannico, Chesterton analizza spietatamente l’evoluzione della società britannica e del suo tipo umano: l’Inghilterra aveva schiacciato prima Galles, Scozia e Irlanda, per allargare poi il raggio d’azione al resto del mondo, rendendosi protagonista di tristi primati, come l’istituzione dei campi di concentramento durante il conflitto Anglo-Boero (1899-1902).

Quello che aveva sconvolto l’antico tessuto socio–economico inglese, formato da piccoli proprietari, era stato l’irrompere nella storia del capitalismo. Le cause, per Chesterton, vanno cercate nella Riforma protestante, ma per motivi assai diversi rispetto all’analisi di Weber: il passaggio al protestantesimo in Inghilterra avviene d’autorità, dato che la Riforma è calata dall’alto per volontà di Enrico VIII.

Chesterton così giudica la Riforma in Gran Bretagna: “Per quanto paradossale possa sembrare, il protestantesimo non fu altro che la vernice messa sul paganesimo”: cominciò con una smodata passione per le cose nuove da parte della nobiltà del Rinascimento, e finì nell’Hell–Fire Club, ovvero il gruppo libertino e ateo nato in età illuministica. Con la Riforma si stabilì una nuova aristocrazia, dotata di poteri “insanamente eccezionali”; ma ciò che fu distrutto, a ritmi sempre maggiori, fu quello che il popolo riusciva a conservare del patrimonio comune, direttamente o indirettamente, ad onta dell’aristocrazia. Tale rivoluzione, anche economica, avviata dalla Corona e portata a compimento da una ristretta oligarchia, si era realizzata con l’espropriazione dei possedimenti ecclesiastici e aveva fatto sì che enormi beni e gran parte della produzione agricola finissero in mano a una ristretta élite. Il resto, per Chesterton, lo fece la “Gloriosa Rivoluzione” di fine XVII secolo, che mise sul trono un principe olandese, Gugliemo d’Orange: e rileggendo la storia del XVI e XVII secolo Chesterton la vede percorsa da un fil rouge: schiacciare i cattolici e i loro tentativi di emancipazione.

Nel racconto Il foro nel muro, avente per protagonista uno dei suoi vari detective minori (rispetto a Padre Brown), Horne Fischer, Chesterton ricorda come sia possibile aprirsi, con fatica, un foro nel muro delle falsità, per imbattersi nella dolorosa realtà della storia. Il racconto è ambientato nel luogo dove un tempo sorgeva un monastero, poi raso al suolo e dimenticato; ma un delitto compiuto durante un ballo in maschera fa riemergere la verità: “Dopo tutto non ci vuole granché a frugare nel passato e scovare quel foro nel muro, la grande breccia aperta nella storia d’Inghilterra”: essa giace sotto un esiguo strato di informazioni mendaci. E il compito che Chesterton si accolla con la Breve storia d’Inghilterra è proprio questo: far breccia nel muro delle menzogne perché emerga la verità.







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