Nel sua ultima raccolta, “Contemplazione, distrazione” Paolo Valesio ci offre uno sguardo mai pacificato sul mondo, scaturigine di vera parola poetica

Sono inediti i versi dell’ultima raccolta di Paolo Valesio, noto poeta contemporaneo e professore emerito di letteratura italiana alla Columbia University di New York. Contemplazione, distrazione (Bohumil, 2025) si articola in due atti, nei quali Valesio propone alcune poesie composte nei primi anni Duemila, spesso ispirate alla vita trascorsa sulla costa orientale degli Stati Uniti. Come precisa l’autore nella Nota finale, lo spazio poetico di Contemplazione, distrazione non intende evocare nostalgia per un tempo di cui egli non percepisce “né la linearità né la circolarità”.



Valesio mira piuttosto a testimoniare un’esperienza di vita e di pensiero: la raccolta si configura come la traccia scritta di un esercizio poetico oscillante tra la contemplazione di ciò che circonda e quella distrazione necessaria e vitale da cui può scaturire la poesia.

La prima parte della raccolta, I versi trafiggono gli anni, esplora scenari diversi e spesso contrastanti. La natura emerge con immagini potenti: la luna, i “plotoni ordinati delle rose”, la galaverna. Contemporaneamente, il paesaggio urbano entra con tutta la sua concretezza: la spazzatura, la stazione centrale, e gli spazi privati che fanno da contesto ai pensieri e alle emozioni dei testi.



A questi registri si affiancano momenti di trasformazione, come l’arrivo della primavera e la percezione di una temperatura più mite, e passaggi psicologicamente dinamici, come quelli che accompagnano la conoscenza fra due persone.

Versi come “Da New Haven a New York, gli esurbi / si succedono in un esubero / che però è stanco, non esuberante” mostrano la complessità della vita quotidiana, dove città e campagna si intrecciano in un equilibrio fragile e sospeso. La luna, in “Non vedi che sono gonfia e ammaccata / come sotto schiaffo? / Ti faccio un po’ paura eh?”, diventa presenza viva, poco idealizzata, capace di far emergere paure e disponibilità interiori. Allo stesso modo, il cigno del laghetto di Linsley osserva con calma e precisione, ricordando la delicatezza silenziosa della natura anche nei dettagli più minuti.



La natura non è mai un semplice scenario, filtrato dalla tradizione o dalla cultura (“È stata troppo a lungo / verniciata dalla cultura”), ma diventa lo spazio in cui la coscienza prende parola: “sei attratto dalla tua paura / di questa mia intorbidata disponibilità”. Allo stesso tempo, l’autore misura i propri limiti e la propria finitezza, come quando scrive: “se anche non riesce a giungere all’immortalità, / questa stanchezza promette di dolcemente ritardare la morte”; o ancora: “Dunque, non c’è nessuna vera via d’uscita. / E nel frattempo il ringhio e la sua voglia sono svaniti”.

Tra le strade di Manhattan, i parchi suburbani o gli interni privati, Valesio racconta una bellezza che non è solo forza o giovinezza, ma attenzione alle piccole cose: il brusìo tra gli alberi, i piccioni che saltellano tra i relitti, la luce della luna o della neve. Anche la quotidianità più semplice, come sfogliare un libro, si trasforma in occasione di sguardo poetico.

(Pixabay)

Nell’ultimo componimento della sezione, Appartamento-sera-solo, l’appartamento dell’autore si trasforma nel teatro di una tensione improvvisa, una voglia di “ringhiare” che presto si dissolve nella consapevolezza della finitezza e dell’assenza di una via d’uscita.

Così, città e natura smettono di essere semplici sfondi. Essi diventano luoghi di consapevolezza e di esperienza, spazi in cui la poesia nasce dall’osservazione attenta, dalla tensione tra movimento e immobilità, tra vita e limite, offrendo al lettore un ritratto vivido e complesso del mondo in cui Valesio scrive e riflette.

È la seconda parte della raccolta a portare il titolo stesso Contemplazione, distrazione. Qui la geografia dei contenuti si fa più complessa, si frastaglia, e il reticolo poetico non è più soltanto natura o riflessione del poeta sul suo stare al mondo e sulle sue paure, ma si apre anche alla musica e alla pittura, alla politica, alla domanda teologica. È la pluralità della realtà che si riflette nella pluralità dei temi, diventandone il succedaneo contemplativo.

La natura, nella sua particolarità, custodisce l’intero e lo riflette: “Questo che dicono specchio d’acqua / ha raccolto il tutto dentro di sé / ma con un tono particolare / che sussurra: ‘Non sono dispensabile’”. Essa diviene persino più comprensiva della storia, che pure scorre, a volte silenziosa “contro la penombra / in cui striscia la storia”.

L’uomo, nella sua fragilità fisica e mentale, scolpisce la realtà in forme artistiche: è l’attore che non afferra al volo la musica ma “con l’aria le faticosamente scolpisce”, oppure l’artista che, con strumenti poveri, si rivela “Pastore di una comunità”. Allo stesso tempo, è l’uomo a far emergere Dio, ma dal profondo interiore: “si riesce a costruire Dio / solo partendo dal proprio ‘giù’ / come fiocchi che vadano in su / dal buio verso il buio”.

Le distrazioni, come annuncia il titolo, hanno volti diversi: un hippy che suona a ogni festa, i gemelli che compaiono sulle sponde dei laghetti, due amanti dell’East Village, il lampo di una casa grigia che appare un’illusione, i sogni che affiorano con contorni vividi. A volte la distrazione coincide con lo sguardo sugli altri, come in La sguardata, dove l’incontro con una donna alla pompa di benzina si sovrappone a Maria ai piedi della croce: “Maria ai piedi della croce crìstica / si anamorfa in Maria dritta in piedi”.

Da questi frammenti emerge una contemplazione mai pacificata, che cerca un “cambiamento attivo”, ma sa anche riconoscere la paura primordiale che accompagna l’uomo. In Vent’anni appresso, il ricordo di un’alba mancata in un viaggio tra gli Stati Uniti diventa l’occasione per misurarsi con la propria finitezza: la paura che il sole possa non sorgere più, che il corridoio di Manhattan si riveli in realtà un ipogeo.

È in questo oscillare tra speranza e timore, tra distrazione e consapevolezza, che la poesia di Valesio trova il suo respiro più ampio.

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