È stato un fatto totalmente inedito. Una bara d’oro per un funerale d’eccezione, quello del boss Nick Rizzuto jr ucciso nel 2009 a Montreal. Ebbene nella guerra protratta contro i Rizzuto, storica famiglia di origine siciliana, si sono schierati clan calabresi in una lotta senza quartiere.
La penetrazione della ndrangheta nel Nord America è tutt’altro che nuova, anzi. Ma la sua pervasività si è rafforzata, sempre più, grazie alla capacità di stringere alleanze a tutto campo, a un’immensa liquidità e al relativo indebolimento della mafia siciliana, dopo le stragi del 1992 e del ’93.
Il libro di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, Fuori dai confini (Mondadori, 2022), è perciò un prezioso aiuto per comprendere la crescente internazionalizzazione e la forza imprenditoriale di un’associazione criminale sempre più a trazione capitalistica. La caratteristica della ndrangheta è lo sguardo presbite, che vede lontano. I criminali calabresi hanno una visione che sa entrare nell’attualità. Le guerre, ad esempio, sono un affare con possibilità enormi. La dissoluzione dell’ex Jugoslavia fu infatti un business sfociato in profitti e guadagni; così ora la guerra in Ucraina prepara un quadro di azioni e di interventi criminali. Traffico di armi pesanti, manovalanza in grado di uccidere, persone distrutte dalla povertà da manipolare.
Ma anche l’Africa non è indenne dalle attività criminali di un’associazione che si incista e si sa rinnovare. E la Santa, l’evoluzione della ndrangheta in circuiti di potere più alti e sofisticati, consente traffici sempre più redditizi e protetti. Francesco Fonti, pentito, aveva già parlato delle “navi a perdere” cariche di rifiuti tossici affondate al largo delle coste della Calabria o in Somalia.
Ebbene i due autori confermano la continuità e il rafforzamento del “razzismo ambientale”. “Sempre in Africa, da tempo confluiscono anche i veleni dell’industria chimica e farmaceutica mondiale. In passato si è parlato di navi che salpavano dalle coste italiane per raggiungere la Somalia e scaricavano rifiuti tossici in acqua o in aree naturali ormai diventate pattumiere dell’Occidente. Queste discariche a cielo aperto, che inaspriscono il terreno e avvelenano la fauna, creano danni irreparabili all’ecosistema”.
I faccendieri dei rifiuti tossici danno lavoro in Nigeria a oltre 100mila persone che lavorano per stipendi da fame, senza nessuna sicurezza per la salute. In Ghana, nella discarica di Agbogbkoshie, una distesa devastata dal puzzo e dalla morte per inquinamento, si aggirano donne, bambini e uomini denutriti che lavorano a mani nude per la sola sopravvivenza.
La ndrangheta, insomma, rivela al mondo che lo schiavismo non è stato debellato, anzi è una triste realtà su cui prosperare avidamente, grazie agli intrecci con poteri locali corrotti. Ad esempio, nel poverissimo Congo le ndrine hanno stretto legami con faccendieri, politici corrotti e signori della guerra locali per il coltan (columbite-tantalite), minerale prezioso. E nel 2019 i Carabinieri nel porto franco di Trieste hanno sequestrato 260 fusti di coltan per un valore di circa 900mila euro.
La ndrangheta prospera anche grazie al traffico di cocaina e di droghe sintetiche, come il Captagon. “La droga della jihah o del combattente”, chiamata così perché toglie paura e fatica, prodotta in Siria. Un carico della droga sintetica è stata sequestrato dalla Guardia di finanza a Salerno nel 2020. Ben 84 milioni di pasticche pronte a invadere nuovi mercati e a creare dipendenze. Che dire poi degli omicidi commessi dai criminali calabresi in Australia, Malta, Slovacchia? E che giudizio dare di chi riempie la sua stessa terra di rifiuti tossici nel totale disprezzo per la salute?
Il quadro descritto dagli autori è un grido di dolore e di liberazione di tante periferie assoggettate dalla tirannia criminale. Una tirannia che mette paura, che chiede il pizzo, che distrugge la vita e che si mette ora il colletto bianco. Entra nei salotti bene e nelle borse, traffica con triadi cinesi (canali di riciclaggio comune e “operazione maestro”) e mafie internazionali, per estendere il suo dominio. Ha prosciugato di lavoro e investimenti un’intera regione con le sue lordure, creando buchi enormi anche nella sanità, grazie a funzionari e amministratori corrotti.
È una terra amara la Calabria, ma, oggi più che mai, spera ardentemente di uscire dal buio potere di quelle che Gioacchino Criaco chiama Le anime nere.
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