Liliana Resinovich, sul corpo potrebbe nascondersi ancora il Dna dell'assassino: un nuovo potente spunto di indagine dall'autopsia
Liliana Resinovich è morta per una asfissia meccanica violenta, è stato un omicidio. È quanto concluso dagli esperti incaricati dell’autopsia sul corpo della 63enne nell’ambito della seconda indagine – in testa l’anatomopatologa Cristina Cattaneo -, e il risultato segna una svolta clamorosa dopo che il caso ha rischiato di essere archiviato per suicidio.
L’esito della consulenza contrasta apertamente con quello del primo esame autoptico e va a ricostruire una dinamica omicidiaria efferata, ma non solo: demolisce anche l’ipotesi di un decesso subentrato a 48-60 ore prima del ritrovamento del cadavere (avvenuto il 5 gennaio 2022), resettando le tempistiche e riconducendo la morte di Liliana Resinovich al giorno stesso della scomparsa (il 14 dicembre 2021). La salma, inoltre, non sarebbe mai stata spostata dal parco dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste dove fu rinvenuta avvolta in grandi sacchi della spazzatura e con la testa infilata in due buste della spesa.
Liliana Resinovich, caccia al Dna dell’assassino attraverso i reperti isolati sul corpo
Un’altra clamorosa indiscrezione all’esito dell’autopsia affidata a Cristina Cattaneo è rappresentata dalla notizia della presenza di materiale potenzialmente utile a individuare l’assassino di Liliana Resinovich. Si tratterebbe di reperti che sarebbero destinati a una serie di accertamenti tecnici, in particolare peli o capelli, comunque formazioni pilifere di notevole interesse investigativo che sarebbero stati trovati sul cadavere, sugli indumenti e sui sacchetti e che potrebbero contenere la firma del killer di Liliana Resinovich.
Lo riportano in queste ore le principali agenzie di stampa, secondo cui la Procura di Trieste sarebbe pronta a una serie di approfondimenti su larga scala (stile caso Yara Gambirasio) per arrivare alla paternità di quei reperti. Sarebbe una nuova fase investigativa sull’omicidio di Lialiana Resinovich, di vaste proporzioni sulla scorta di quella che, per dirla con il procuratore Frezza, è una necessaria “profonda rivalutazione dell’intero procedimento” alla luce delle conclusioni a cui sono giunti gli esperti.
Oltre a Cristina Cattaneo, alla consulenza hanno lavorato l’entomologo Stefano Vanin e i medici legali Stefano Tambuzzi e Biagio Eugenio Leone. Le evidenze, riporta un passaggio del documento, “convergono a delineare uno scenario in cui solo una dinamica omicidiaria estrinsecatasi a mezzo di soffocazione esterna diretta trova concreta motivazione tecnica“. Dagli esami condotti sarebbero emersi “elementi piliferi” che inducono a suggerire “approfondimenti genetici a mezzo di nuove tecnologie di sequenziamento ultramassivo (Ngs)” per trovare l’autore del delitto di Liliana Resinovich.
Il metodo utilizzabile oggi grazie alle nuove tecnologie sul Dna sarebbe un tipo di sequenziamento in grado di processare milioni di frammenti in parallelo a un costo estremamente ridotto e con il minimo margine di errore. Un tipo di accertamento che, secondo quanto riporta Adnkronos, sarà verosimilmente esteso a tutti gli altri reperti analizzati in precedenza per capire se, grazie al progresso delle tecniche a disposizione degli investigatori, sarà possibile scovare tracce finora mai emerse.
