Liliana Segre, chi è l'attivista e senatrice a vita che visse l'incubo della deportazione dopo le persecuzioni razziali: aveva origine ebraiche
Il nome di Liliana Segre è legato indissolubilmente ad una delle pagine più buie della storia contemporanea: la Shoah. Da bambina, Liliana, cresciuta in una famiglia atea ma di discendenza ebraica, subì lo stigma delle persecuzioni razziali. Fu costretta prima a lasciare la scuola, che tanto amava frequentare, e poi fu arrestata e infine deportata, perdendo il padre e i suoi amati nonni. Nel gennaio del 1944, quando aveva tredici anni, Liliana fu deportata nel campo di concentramento di Auschwitz insieme alla famiglia. Riuscita a sopravvivere, come purtroppo poche altre persone, fece ritorno in Italia al termine della seconda guerra mondiale e negli anni Novanta cominciò a raccontare pubblicamente la sua storia, impegnandosi nel far conoscere quello che è stato l’Olocausto.
Liliana Segre, prima della deportazione, visse con il papà e i nonni materni. La madre, infatti, morì quando lei non aveva neppure un anno. A otto anni venne espulsa dalla scuola che frequentava a causa delle leggi razziali fasciste e il papà tentò di salvarla, qualche anno più avanti, nascondendola da amici con dei documenti falsi ma proprio mentre la famiglia tentava di fuggire a Lugano, fu scoperta. Liliana, il papà e due cugini furono respinti al confine con la Svizzera e arrestati. La Segre passò alcuni giorni nel carcere di Varese, poi ancora di Como e infine di Milano, dove fu detenuta a San Vittore per quaranta giorni. Al termine di questo periodo, venne deportata ad Auschwitz.
Liliana Segre, chi è: “Al rientro ero un animale ferito”
Nel campo di concentramento, Liliana Segre fu impiegata come operaia ai lavori forzati presso la fabbrica di munizioni Union. Sopravvisse miracolosamente a tre selezioni, riuscendo a sopravvivere e venendo liberata dall’Armata Rossa solamente dopo mesi di fuga a causa della marcia della morte, messa in campo dai nazisti per coprire le proprie malefatte. Liliana fu tra i pochi sopravvissuti: solamente 25 bambini italiani deportati ad Auschwitz riuscirono infatti a tornare a casa. In Italia, dove tornò dopo i mesi passati in Polonia e poi in Germania, visse prima con gli zii e poi con i nonni materni, che ebbero il compito di prendersi cura di una bambina ferita.
Non furono anni facili quelli per Liliana, che aveva vissuto l’inferno ad Auschwitz, perdendo il suo amato papà e i suoi nonni. “Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall’inferno” racconterà più avanti la senatrice a vita.