Un ragazzo di 22 anni, Gary Reinbach, obeso, alcolizzato, malato di cirrosi epatica poteva salvarsi la vita solo con il trapianto del fegato. Ma i medici hanno detto di no: non se lo è meritato, poiché non ha saputo mantenere l’astinenza per più di sei mesi. Il commento di RENATO FARINA
Un ragazzo di 22 anni, obeso, alcolizzato, malato di cirrosi epatica poteva salvarsi la vita solo con il trapianto del fegato. Però non ha potuto dimostrare di saperselo meritare, non è stato sobrio sotto controllo per sei mesi prima del ricovero, ma solo per dieci settimane. Ha chiesto, e un dottore pietoso con lui, di dargli un’opportunità. No, l’Uomo della Regola ha detto no: i medici hanno applicato la norma etica, niente trapianto. Così Gary Reinbach è morto.
Chiariamo subito un punto. Ce ne sono tanti in lista di attesa per un trapianto di fegato. In Gran Bretagna ne sono deceduti 400 solo l’anno scorso. Quindi è naturale che – qualsiasi criterio si applichi – una selezione c’è. E il merito non è per forza un cattivo sistema. Ci sono tanti fattori però per determinarlo. Uno di questi – lo grida la natura – è l’età. Prima le donne e i ragazzi. In Inghilterra il merito dato dal bisogno, dall’oggettività dell’età e delle precedenze naturali e tradizionali, è stato soppiantato dal contrario della carità, e cioè la coerenza. La coerenza con il timbro, una specie di ordalia dove chi perde è fuori dal gioco, eliminato, polverizzato, annichilito, come nel video game.
Alla pietà si è sostituito il codice dell’eticamente corretto. Il Comitato etico decide per chi far funzionare la ghigliottina o regalare un biscottino.
Sia chiaro. Guai a considerare la carità un diritto da riscuotere. Chi dona un suo organo non ha obblighi né civili né morali. La solidarietà non può essere imposta per legge. Dunque non è che a Gary sia stato negato un “diritto umano”. Di certo però è un mio, un tuo, un nostro dovere obbedire a quanto urla Dio nella Bibbia sin dall’Antico Testamento (Deuteronomio), e che coincide con il cuore, ciò che è buono, desiderabile, bello, giusto. Gesù Cristo ha seminato ieri, e dà testimonianza oggi attraverso i suoi figli di una presenza misericordiosa che chiede di essere seguita, imitata, conformandoci ai segni umano-divini che ci danno speranza. Stabilire un mondo dove la carità (che vuol dire gratis, grazia, amore gratuito, dono, misericordia, Dio che ti accarezza) è un premio da riscuotere con i bollini del cliente perfetto della società moralista è di una tristezza infinita, è peggio della bestemmia.
Vorremmo ripetere a Gary e a sua mamma che l’ha sentito supplicare: “Aiutatemi, non voglio morire”, le parole che ci suscitano adesso la speranza. Quelle che ha detto Gesù ai suoi amici più cari: “Nel mondo siete nella tribolazione. Coraggio. Io ho vinto il mondo!”.
