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Home » Esteri » Medio Oriente » L’IRAN ACCETTA LA TREGUA?/ “Teheran ha interesse a trattare, il raid di Trump va bene anche a Putin e Xi”

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L’IRAN ACCETTA LA TREGUA?/ “Teheran ha interesse a trattare, il raid di Trump va bene anche a Putin e Xi”

Int. Rony Hamaui
Pubblicato 24 Giugno 2025
Il presidente americano Donald Trump (Ansa)

Il presidente americano Donald Trump (Ansa)

La risposta dell'Iran agli attacchi USA è di portata limitata. E nella notte Teheran ha accettato la tregua americana. Una situazione che conviene a tutti

Trump ha annunciato il cessate il fuoco tra israele e Iran all’1:09 ora italiana ma dopo una prima conferma, Teheran, al sopraggiungere di nuovi attacchi da parte israeliana, ha smentito e ha effettuato nuovi lanci su Israele, dicendo di non avere più intenzione di replicare a condizione che lo Stato ebraico “cessi la sua aggressione”.


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La riapertura del dialogo è esattamente quanto previsto da Rony Hamaui, docente di scienze bancarie all’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, intervistato dal Sussidiario nella serata di ieri. Secondo Hamaui la risposta dell’Iran sarebbe stata limitata e si sarebbe andati verso il ritorno al tavolo delle trattative, perché è nell’interesse di tutti chiudere prima possibile il conflitto. Nonostante le alleanze internazionali degli ayatollah, Russia e Cina in particolare, il colpo inferto da Trump sta bene a tutti. Putin ha ricevuto ieri, lunedì, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, ma nessuno, compresi gli alleati, sembra volere che i mullah detengano armi nucleari.


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La risposta iraniana all’operazione USA “Martello di mezzanotte” è stata l’attacco alle basi statunitensi in Qatar. Cosa dobbiamo aspettarci ancora?

Nel mondo quasi tutti sono felicissimi dell’attacco USA all’Iran. Lo sono i Paesi arabi sunniti, l’Occidente, persino la Russia e la Cina: anche loro, tutto sommato, si sono tolti un problema, perché avere un Iran nucleare non faceva piacere a nessuno. In questo momento l’Iran è molto debole: lo è militarmente, ma anche economicamente. Quindi credo che non abbia interesse a esacerbare la situazione. Deve solo salvare un po’ la faccia. I missili contro le basi USA in Qatar e gli attacchi in Iraq e Siria sono un’operazione di portata limitata, che non porterà l’Iran molto lontano.


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Gli scenari preoccupanti disegnati da certi analisti non si realizzeranno?

Sia Israele che l’Iran hanno tutto l’interesse, a questo punto, a chiudere la guerra. Israele è in lockdown da oramai più di dieci giorni; per un Paese così piccolo, una situazione difficile da sostenere. Non può essere trascinata come la guerra di Gaza.

E l’idea di chiudere lo Stretto di Hormuz? Il parlamento iraniano l’ha fatta sua, anche se la decisione spetta ad altri: potrebbe essere questa la ritorsione?

Non è fattibile, l’Iran non può farcela tecnicamente. Chiudere lo Stretto di Hormuz non è una barzelletta, ci vogliono i mezzi, le navi; minarlo è molto complicato, soprattutto con israeliani e americani che soffiano sul collo. Certo, il parlamento iraniano ha preso in considerazione l’ipotesi, ma un conto è la retorica verbale, un altro riuscire a mettere in piedi una risposta di quel genere. Se anche chiudessero lo stretto, durerebbe una settimana.

L’Iran non ha le risorse per contrattaccare? Eppure continua a lanciare missili verso Israele.

Guardando con attenzione ai lanci iraniani ogni giorno, ci si accorge che sono sempre inferiori al precedente. Anche perché le rampe di lancio, in gran parte, sono state distrutte. Gli iraniani hanno molti missili ancora sottoterra, ma che cosa se ne fanno se non li possono lanciare?

Trump, intanto, dice che vuole un cambio di regime: andrà avanti per ottenerlo?

Penso che non sia un obiettivo realistico, è più di natura propagandistica. La verità è un’altra. Ci dimentichiamo la storia, che è sempre grande maestra di vita. Il programma nucleare iraniano, infatti, nasce sotto lo Scià, ancora prima della rivoluzione del ’79. Gli ayatollah lo hanno ereditato e rimarrà anche se cambiasse regime. Gli iraniani vogliono avere una forza nucleare.

Ma vogliono averla per costruire armi nucleari?

Una volta sviluppata, se la tengono. E se arricchiscono l’uranio, possono utilizzarlo a fini militari. Ci sono tantissimi Paesi che hanno centrali nucleari, ma non arricchiscono l’uranio. Invece, gli iraniani vogliono farlo; chi dice che non erano vicini alla bomba deve rendersi conto che un impianto che passa dal 3% al 60% di arricchimento dell’uranio può progredire dal 60% al 90%, arrivando facilmente alla bomba. Se domani l’Italia aprisse una centrale nucleare, non si metterebbe ad arricchire l’uranio. Non ci penserebbe neppure. Così come tantissimi altri Paesi. Ci sono pochi Paesi che lo arricchiscono e, guarda caso, hanno tutti la bomba. Questa è la verità. Non c’è nessuno che lo arricchisce per motivi civili.

Se ci fosse un cambio di regime, l’Iran potrebbe lasciare le alleanze con Russia e Cina e schierarsi dalla parte degli occidentali?

Supponiamo che ci sia un cambio di regime: potremmo aspettarci un maggior rispetto dei diritti umani e delle donne, lo speriamo tutti, ma non che cambino in modo drastico le alleanze internazionali. Comunque, sono molto scettico sul fatto che il regime possa cadere: controlla ancora tutto l’apparato.

Stiamo parlando di una guerra che è solo aerea. Per un regime change ci vorrebbe un’invasione via terra.

Nessuno si sogna di realizzarla, anche perché stiamo parlando di un Paese di 90 milioni di persone. Si può lanciare qualche missile, ma poi è finita lì. Inoltre, onestamente, all’interno non mi sembra che ci siano alternative politiche valide. Magari tra un po’, ma oggi non le vedo.

Un ritorno alle trattative, invece, è possibile?

È nell’interesse di tutti: questa guerra, in qualche modo, va chiusa. Lo è per l’Iran, per Israele e per gli USA: non è una situazione che può andare avanti molto a lungo. Anche dal punto di vista militare bisogna riconoscere che gli iraniani hanno messo in campo dei signori missili, grazie a una tecnologia che è pure superiore a quella americana; però non hanno la possibilità di lanciarli. O almeno è molto ridotta. Il fatto che posseggano questi missili, tuttavia, è la dimostrazione che il programma nucleare era funzionale all’aspetto militare, per associare i missili alle testate nucleari. Per questo dico che oggi, al di là della retorica, sono tutti soddisfatti dopo l’attacco USA.

Nelle centrali iraniane, per ammissione della stessa società russa Rosatom, lavorano tecnici russi. Mosca sta contribuendo allo sviluppo del programma iraniano?

I programmi nucleari civili russi funzionano in modo tale che Mosca costruisca le centrali e fornisca l’uranio arricchito. Crea una dipendenza strategica con il Paese che assiste. E procede proprio in questo modo: facendo sì che le centrali possano funzionare solo con l’uranio arricchito in Russia e grazie a tecnici russi. Se l’Iran avesse conquistato l’indipendenza nucleare, non sono sicuro che avrebbe fatto piacere a Putin. E neanche a Xi Jinping.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Vladimir PutinDonald TrumpXi Jinping

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