L’ex presidente Anm e membro Csm Luca Palamara ha presentato un esposto ufficiale contro l’ex pm Piercamillo Davigo e il togato laico Gigliotti: ad annunciarlo oggi “Il Dubbio”, sottolineando la contestazione che, il protagonista del primo “scandalo giudiziario” di questa infinta stagione di colpi di scena nella giustizia italiana, produce contro gli ex colleghi. «violazione dolosa e preordinata dell’obbligo di astensione nel procedimento a suo carico e l’induzione in errore degli altri componenti della commissione disciplinare»: con questa motivazione Palamara contesta in Procura quanto avvenuto negli scorsi mesi “ingarbugliati” tra i diversi casi Amara, Eni e Ilva.
«Piercamillo Davigo e Fulvio Gigliotti si sarebbero macchiati di un pregiudizio palese», venuto fuori in maniera assai dirimente «anche in sede di ammissione delle prove a discarico», escludendo la testimonianza di Stefano Fava, richiesta dall’ex capo dell’Anm. Questo contiene l’esposto di Palamara oggi raccontato dal quotidiano garantista. Tanto Davigo quanto Gigliati – quest’ultimo in quel collegio disciplinare era il presidente – erano stati inseriti dall’ex Anm nella lista dei testi a disfarsi. Nello specifico, Palamara voleva sentire Davigo in quanto messo a conoscenza da Fava dell’esposto depositato contro l’allora capo dell’ufficio Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo. Quel particolare esposto era tra l’altro la mancata astensione dei due super magistrati romani nel procedimento contro l’ex avvocato esterno di Eni, Piero Amara.
COSA CONTESTA PALAMARA AL CSM
In pratica, Fava aveva indagato su Amara scoprendo i suoi legami con alcuni magistrati della Procura romana e che inoltre non potesse raccontare fino in fondo la verità sui fatti sentiti nelle testimonianze: Ielo e Pignatone però si rifiutarono di seguire il consiglio di Fava e così nel marzo 2019 sottrassero il fascicolo dall’ex Anm. Nell’udienza del 28 luglio 2020 l’ex Mani Pulite nega di aver mai parlato con Fava, smentito però il 3 novembre successivo dall’amico e collega al Csm Sebastiano Ardita, il quale invece affermò di «aver partecipato ad un pranzo con Davigo e Fava nel quale si era parlato delle tensioni negli uffici giudiziari di Roma». Davigo venne creduto tanto che, secondo Palamara, «la sezione disciplinare a rigettare l’istanza di ricusazione»: ora però emerge, si legge ancora nell’esposto presentato dall’ex togato radiato dalla magistratura, un’altra smentita della versione data da Davigo davanti ai giudici. Si tratta dei famosi verbali di Amara dell’aprile 2020 tenuti a Milano presso il pm Storari: «in quei verbali Amara, stesso protagonista della vicenda Fava, ha rivelato l’esistenza della cosiddetta “Loggia Ungheria”, indicando tra i suoi esponenti anche Ardita», racconta “Il Dubbio”. Storari non crede a quella versione, tanto che prepara ordine di custodia cautelare per Amara, per Vincenzo Armanna (il vero grande accusatore di Eni, ritenuto non credibile dal collegio giudicante) e Giuseppe Calafiore, con l’accusa di calunnia. La storia poi è nota: la Procura di Milano tentenna e non firma, Storari allora va a Roma e consegna il plico a Davigo (venendo così ora indagato dalla Procura di Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio), dando il via al secondo grande ‘scandalo’ che affligge ora il Consiglio Superiore della Magistratura. Storari ha raccontato ai giudici di Brescia di non ritenere credibile Amara e Armanna, ma la loro posizione è stata in qualche modo “protetta” dai giudici milanesi per non far crollare il processo Eni-Nigeria, accusa – se confermata – dai risvolti davvero gravissimi. In conclusione, secondo Palamara Gigliotti avrebbe potuto utilizzare, nel giudicare il suo caso, «una sua personale scienza privata rispetto a quello che doveva essere il materiale utilizzabile ai fini della decisione», in quanto aveva ricevuto da Davigo le informazioni circa le accuse fortissime di Amara sulla “Loggia”, ben prima del procedimento avviato contro Palamara stesso. Vi fu così, secondo l’ex Anm, «preordinata violazione dell’obbligo di astensione» oltre alla scelta di Gigliati di «astenersi dal giudizio contro Storari».