Luca Traini, il 32enne che nel 2018 fu condannato a 12 anni di reclusione per la strage di sei migranti, ha recentemente rilasciato un’intervista a La Nazione, dove ha voluto parlare della sua nuova vita, a distanza di più di 5 anni da quella tragica giornata. Nel febbraio del 2018, infatti, armato con una pistola uccise i sei stranieri tra Pollenza e Macerata, con la sola ragione del crimine d’odio razziale, che gli è costata la condanna che sta attualmente scontando.
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Ora, però, Luca Traini rinnega quel passato razzista e violento. “Ero segnato dalla morte di Pamela Mastropietro”, racconta facendo riferimento alla ragazza uccisa e fatta a pezzi da Oseghale, e sottolinea che “anche a livello privato passavo un brutto periodo in famiglia e in certi ambienti ‘borderline’ che frequentavo. Ero in un circolo vizioso”, riflette ed ammette ancora, “mi sentivo emarginato dalla società civile, ho scatenato il far west”. Ma ora, candidamente e con una certa determinazione e, forse, fierezza, ammette che “non lo rifarei mai più. Non era Luca Traini quello. Oggi posso dimostrare chi sono. Il mio riscatto, la mia riabilitazione in campagna”.
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Luca Traini e la sua nuova vita in carcere
Raccontando proprio la sua nuova vita, volendosi lasciare alle spalle gli errori del passato, Luca Traini racconta che “l’opportunità arriva dieci mesi fa. Quando sono entrato nel carcere Barcaglione e ho iniziato a lavorare nell’orto, poi con gli animali da cortile e ora con le pecore nella stalla”. Poi, “si è aperta questa filiera che inizia con la mungitura e la successiva consegna del latte al caseificio del carcere. Lì produciamo il formaggio, lo lavoriamo, lo stagioniamo e lo rivendiamo nei mercati”.
Un lavoro, racconta ancora Luca Traini, che poi l’ha portato anche lui stesso dietro ai banconi del mercato e confessa che “il contatto con il pubblico mi sta consentendo di riprendere i ritmi della società civile“. Spiega che, però, per ora questa opportunità gli viene concessa solamente “una o due volte alla settimana”, ma che in futuro potrebbe diventare stabile, ed accompagnarlo, magari, in un percorso di reinserimento progressivo. Ma Luca Traini non vuole correre, e sottolinea che “se ancora non sono pienamente riabilitato, i tempi della giustizia bisogna seguirli, questo percorso mi sta cambiando e migliorando profondamente”.
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