Giansanti (Confagricoltura): Von der Leyen si è rimangiata le promesse, ha dichiarato guerra all’agricoltura. Sta minando le basi dell’Unione europea

Basta fondi specifici, i soldi per l’agricoltura finiscono nello stesso calderone con altre destinazioni. Ma soprattutto ci sono 86 miliardi di euro in meno a disposizione. Come spiega Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, il 30% in meno rispetto a risorse che erano già considerate inadeguate nella misura del 20%. Ecco perché il mondo agricolo europeo promette battaglia e cercherà di far recedere von der Leyen dai suoi propositi, appoggiandosi a 20 ministri che hanno già manifestato il loro dissenso sulla proposta della Commissione UE. Ne va della tenuta delle aziende e dell’occupazione che hanno garantito finora.



La UE taglia 86 miliardi di euro all’agricoltura: è la prima vittima della politica di riarmo inaugurata da Bruxelles?

È evidente che l’agricoltura è vittima del nuovo corso della Commissione UE, che decide di abbassare il budget destinato ai pagamenti diretti agli agricoltori, quando in realtà abbiamo bisogno di politiche di sviluppo del settore primario. C’è un taglio netto del 30% delle risorse attuali che erano già il 20% in meno rispetto alla programmazione di dieci anni fa; questa è una cifra che ci impedisce di affrontare in maniera adeguata le emergenze e le sfide attuali.



Cosa significa materialmente per l’agricoltura italiana ed europea avere così tanti soldi in meno a disposizione? A cosa servono questi fondi e quali programmi non potranno essere finanziati?

Il bilancio UE per il prossimo settennio di programmazione prevederà un “Fondo” (il “Fondo per la Sicurezza e la Prosperità economica, territoriale, sociale, rurale e marittima europea”) che assorbirà tutte le diverse forme attuali di finanziamento e utilizzerà tre strumenti, tra cui il principale, il National and Regional Partnership Plan (NRP – i Piani Nazionali e Regionali di Partenariato che dovranno essere predisposti da ciascuno Stato membro), concentrerà la maggior parte delle risorse, comprese quelle relative alla Politica agricola comune. Le organizzazioni agricole europee e Confagricoltura si erano opposte alla creazione di un Fondo unico e quindi non è possibile esprimere un parere positivo a riguardo, considerando che scompaiono i due Fondi specifici attualmente disponibili per l’agricoltura (FEAGA e FEASR che finanziano tuttora il primo e il secondo “pilastro” della PAC).



Cosa significherà in termini di occupazione, sopravvivenza delle aziende, qualità dei prodotti?

C’è un’incognita di gestione che rischia di rendere più complessa e meno efficace ed efficiente l’azione politica, anche per tenere conto del più complesso ambito di partenariato coinvolto nella definizione delle scelte. Questo significa perdere competitività, produttività e, conseguentemente, la tenuta delle imprese, con conseguenze devastanti dal punto di vista economico e occupazionale.

La von der Leyen aveva assicurato maggiore attenzione agli agricoltori dopo le proteste di cui era stata oggetto l’Unione europea. Quali promesse aveva fatto che invece non ha mantenuto? Oltre ai tagli in cosa l’Europa non asseconda le esigenze degli agricoltori?

Le parole di von der Leyen sul ruolo strategico del settore primario pronunciate in campagna elettorale stridono con quanto affermato oggi: la presidente sosteneva di essere un punto di riferimento per gli agricoltori, ma non è così. Nel dicembre scorso aveva ribadito che gli agricoltori devono essere in una posizione di contrattazione più forte nei confronti di chi stabilisce i prezzi. Oggi sono i mercati globali a esprimere i prezzi, tendendo peraltro a livellarli verso il basso. La competizione è serrata ed è mondiale. Altri Paesi hanno messo al centro la spinta produttiva: se l’Europa non sarà capace di fare lo stesso, a certi prezzi diventerà impossibile per gli agricoltori italiani ed europei rimanere sul mercato, a maggior ragione con la questione dazi USA ancora da risolvere. Quello che ci aspettavamo dall’UE era quindi una reale attenzione al settore, con misure finalizzate allo sviluppo dell’agricoltura, che è un comparto economico sempre più determinante negli equilibri geopolitici internazionali.

Lei ha parlato di una decisione che è una vera e propria dichiarazione di guerra all’agricoltura, addirittura dell’inizio dello sfaldamento della UE: perché questo provvedimento è così grave anche in termini politici?

La Commissione UE ha di fatto deciso di smantellare la natura comune della PAC attraverso tagli di bilancio presentati nel Fondo unico, parallelamente a una completa rinazionalizzazione giustificata dal ventilato vantaggio della semplificazione amministrativa. L’agricoltura da oltre 60 anni è alla base dell’Europa. L’Unione europea, allora Comunità europea, è nata proprio partendo dal settore primario: oggi von der Leyen la demolisce. Stiamo rischiando di dire basta a una visione comune: è l’inizio del processo di smantellamento dell’UE. La presidente si sta prendendo una responsabilità incredibile.

Come reagirete ai tagli? Ci dobbiamo aspettare altre proteste a Bruxelles? Per puntare a cosa?

Il 16 luglio in piazza a Bruxelles eravamo ben oltre quanto preventivato. Siamo sicuri che a settembre saremo molti di più per difendere le imprese agricole, la sicurezza alimentare e il futuro del settore primario. Siamo in attesa di conoscere i dettagli sulle proposte della PAC, che devono ancora essere pubblicate e che richiederanno un’analisi molto dettagliata, ma il messaggio inviato dal vertice dell’esecutivo europeo si rivela davvero dannoso. Dietro alle parole enunciate c’è il fatto che le fondamenta stesse della politica agricola europea vengono minate e smantellate in quello che potrebbe essere ricordato come “mercoledì nero” a Bruxelles.

C’è la possibilità che la Commissione UE faccia marcia indietro, è ancora possibile che riveda il piano e rimoduli il budget per l’agricoltura?

Quella che si sta delineando è la peggiore riforma della PAC. Il Parlamento europeo si è unito alla nostra protesta e abbiamo il sostegno di 20 ministri dell’Unione europea. Va convinta la presidente von der Leyen sulla necessità di rivedere le politiche adottate.

(Paolo Rossetti)

 

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