In attesa di formulare la risposta ai dazi Usa, l'Ue ha rivisto la politica di coesione, che ora riguarda anche la difesa
In attesa di scoprire quale sarà la risposta europea ai dazi annunciati da Trump (il portavoce della Commissione europea responsabile del commercio per ora si è limitato a dire che arriverà presto e che sarà appropriata), martedì a Strasburgo è stata presentata la comunicazione sulla revisione a medio termine della politica di coesione. Come ha spiegato il vicepresidente Raffaele Fitto, la Commissione ha individuato le nuove priorità: “Competitività, difesa, alloggi a prezzi ragionevoli, resilienza idrica, transizione energetica”.
L’ex ministro italiano ha spiegato che i fondi 2021-27 non potranno essere utilizzati per l’acquisto di armi, ma che gli Stati membri potranno scegliere di utilizzarli per sostenere la capacità produttiva delle aziende del settore difesa, proteggere le infrastrutture critiche e aumentare la mobilità militare all’interno dell’Ue.
Secondo Giulio Sapelli, professore emerito di storia economica all’Università degli studi di Milano, “la cosa più preoccupante è che, a differenza di quello che si è detto finora, cioè che si sarebbe fatto ricorso al debito comune per finanziare gli investimenti nella difesa, di fatto si stanno già intaccando dei fondi che erano stati stanziati per la coesione sociale. E questo non è certamente positivo”.
Chi si è sempre opposto al debito comune europeo è la Germania. Con la riforma del freno al debito appena varata, di fatto potrà continuare a opporsi perché non ne ha bisogno.
La Germania oggi ha un debito pubblico su Pil tra i più bassi al mondo grazie a una politica economica che ha puntato tutto sulle esportazioni, favorite da una moneta, l’euro, meno forte del marco, e sull’importazione di beni a basso costo di produzione. Di fatto, la Germania si è retta sull’estrazione di capitale fisso e plusvalore sulle spalle degli altri Paesi.
Un modello che è andato in crisi con lo scoppio della guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia, oltre che con il calo dell’export di auto verso la Cina.
Questa politica sembrava arrivata al capolinea, ma grazie alla riforma al freno al debito e alle regole fiscali europee Berlino potrà continuare a dominare colonialisticamente le altre economie europee e potrà uscire dalla recessione. Per carità, possiamo essere contenti che non manchi benessere in Germania, il problema è che questo si crea a spese del malessere di tutti gli altri Paesi europei.
Parliamo ora della risposta europea ai dazi Usa. Ursula von der Leyen martedì ha detto: “L’Europa non ha iniziato questo scontro. Non vogliamo necessariamente vendicarci, ma abbiamo un piano forte per vendicarci se necessario”. Cosa ne pensa?
Sembra che la Presidente della Commissione europea si sia dimenticata dell’esistenza del diritto doganale. La Wto è stata messa in crisi dagli Usa. Se in Europa vogliamo differenziarci dagli Stati Uniti, come a parole sostiene la von der Leyen, non dobbiamo commettere errori simili ai loro distruggendo il diritto doganale, non dobbiamo pensare alla vendetta, ma lavorare per negoziare. Non va poi dimenticato da dove nascono gli annunci e le politiche di Trump.
Cosa intende dire?
Intendo dire che gran parte dei roboanti annunci del Presidente Usa rispondono soprattutto a bisogni elettorali, ma i consiglieri e consulenti di Trump sanno bene che gran parte della componentistica dell’industria nordamericana viene importata e che quindi i dazi possono danneggiare la stessa industria che si vuole ricostruire.
L’Ue dovrebbe, quindi, temporeggiare, non cedere alla tentazione di rispondere subito ai dazi…
L’Ue dovrebbe negoziare. Ci sono tantissimi burocrati a Bruxelles pagati per negoziare. Lo facciano e nessuno gridi in modo primitivo alla vendetta.
Da parte del mondo imprenditoriale italiano, si veda la posizione di Confindustria, si evidenzia la necessità di una risposta unitaria europea ai dazi americani. Cosa ne pensa?
Gli industriali per anni sono stati irretiti, incantati dalla favola dell’Ue. Hanno sopportato cose che nessun industriale saggio avrebbe dovuto accettare di sopportare. Sarebbe il caso di dire basta, perché oggi una risposta europea non potrà che favorire i tedeschi. Ritengo si debba richiedere una risposta articolata filiera per filiera industriale. Non è un problema di nazione, bisogna capire che il commercio mondiale è frutto dell’interconnessione delle reti d’impresa che sopravanzano i confini nazionali. Occorre, quindi, che le associazioni industriali europee di ogni settore parlino con le controparti americane.
Meglio che ogni Paese scelga per sé piuttosto che cercare una risposta unitaria?
L’Ue non è in grado di avere una posizione unitaria che sia realmente tale, anche l’accordo con il Mercosur firmato dalla von der Leyen verrà probabilmente bocciato visto che non è condiviso dalla Francia. Meglio, quindi, che ognuno faccia per sé. Questo potrà essere d’aiuto per far crescere una cultura in grado di dar vita a una Costituzione per un’Europa confederale, che è l’unica salvezza per il Vecchio continente.
(Lorenzo Torrisi)
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