Aria di rivoluzione in casa Inter, dopo la finale di Champions ci sono calciatori sul piede di partenza
Ci sono partite nel calcio che hanno un sapore diverso, la finale di Champions dell’Inter è senza dubbio una di queste. Una di quelle partite che ti danno la sensazione che qualcosa sia finito.
Non serve girarci intorno, forzare la mano, fingere che nulla sia accaduto. La finale di Champions League che l’Inter ha perso per 5 a 0 contro il Paris Saint-Germain non lascia adito a giustificazioni.
Lo si notava dalle facce in campo dei calciatori, dalle dichiarazioni post partita, da un allenatore che ha stento riusciva a parlare di quanto accaduto in campo. La finale di Champions, però, è stata solo l’epilogo di una stagione che potremmmo definire dei rimpianti per l’Inter.
Inter: pronta la rivoluzione
E’ stata la partita e la stagione che hanno chiuso un ciclo. Gli anni passano per tutti, nel calcio, però, non è solo l’anagrafe a contare. Finiscono gli stimoli, la “fame” viene a mancare, gli avversari prendono le misure. Nel calcio cambiare è, spesso, una necessità.
Non bastava il ko, non bastava la delusione. La sconfitta in finale di Champions League ha lasciato ferite profonde in casa Inter, e non solo per il risultato. È stata la prestazione, anzi la mancanza di carattere, lucidità e orgoglio a far scattare il campanello d’allarme. Perché perdere ci sta, ma farlo senza combattere davvero è un campanello che suona forte.
Infatti, quella che sembrava essere la chiusura di un ciclo vincente rischia di trasformarsi in qualcosa di più profondo: una rifondazione. La rosa, appesantita da profili esperti ma ormai troppo logori per certi palcoscenici, verrà svecchiata. È la parola d’ordine che filtra dalla dirigenza. Via chi non può più garantire lo stesso livello fisico e mentale. Via chi, per ragioni anagrafiche o tecniche, non ha più nulla da dare a un progetto che vuole ripartire con ambizione.

I primi nomi non sorprendono. Francesco Acerbi, tra i più criticati dopo la finale, rappresenta forse meglio di tutti il simbolo di un reparto difensivo che ha bisogno di nuove energie. Il tempo, si sa, non fa sconti, e non basta qualche buona partita per cancellare limiti strutturali ormai evidenti. Stesso discorso per Matteo Darmian, sempre professionale, sempre utile, però arrivato al punto in cui il campo inizia a diventare più grande delle sue gambe. Meno fragoroso, ma inevitabile, anche il discorso legato a Henrikh Mkhitaryan. La sua classe non si discute, ma la tenuta fisica è diventata un problema e i ritmi della Champions ormai impongono scelte più coraggiose.
E poi ci sono i casi che fanno discutere. Kristjan Asllani, ad esempio, che era stato preso per diventare il cervello del futuro ma che non ha mai davvero convinto nei momenti che contavano. Troppo timido, troppo scolastico, troppo poco Inter per ora. Così come Joaquín Correa, uno dei grandi misteri della rosa nerazzurra. Arrivato con grandi aspettative, ha deluso in ogni possibile contesto. Non si può più aspettare. E lo stesso vale per Marko Arnautovic, innesto voluto e difeso ma mai veramente determinante. Un nome, forse, più da nostalgici che da strategia sportiva.
Senza ombra di dubbio, questa Inter ha bisogno di una scossa. Non bastano qualche giovane e due conferme per tornare a competere ai massimi livelli. Serve coraggio, serve tagliare con il passato, anche se ha portato trofei. Il progetto va rilanciato con energia nuova. E dopo la figuraccia europea, la strada è segnata. Chi non è più all’altezza dovrà farsi da parte.
