“VOGLIO VIVERE” MA MEDICI E CORTE UK PUNTANO ALL’EUTANASIA
«Sono molto malata e ricoverata ma voglio vivere»: eppure le parole di una 19enne inglese cosciente e in piene facoltà mentali, non bastano per convincere medici e giudici a interrompere l’iter dell’eutanasia. La tremenda storia in arrivo ancora una volta dal Regno Unito la raccontano oggi i colleghi de “La Nuova Bussola Quotidiana” presentando il caso di ST (sigla di riconoscimento decisa dal tribunale che ha imposto l’anonimato), che ricorda da vicino echi inquietanti del recente passato come i piccoli Charlie Yard, Alfie Evans, Alta Fixsler, o più adulto Vincent Lambert.
«”ST” è una giovane ragazza di 19 anni che da un anno è in cura nel reparto di terapia intensiva di un ospedale britannico. Vuole vivere ma i suoi medici hanno deciso che la sua malattia non offre prospettive di miglioramento e quindi deve morire immediatamente», spiega il quotidiano online diretto da Riccardo Cascioli. La differenza con gli altri casi “famosi” di eutanasia Oltre Manica, è che con questa ragazza il paziente non è né un neonato né un adulto incosciente: è giovane ma cosciente e in grado di poter prendere qualsiasi decisione. Tranne che per la propria vita.
ANCORA DAL REGNO UNITO UN’ALTRA STORIA “COME” (SE NON PEGGIO) CHARLIE GARD
Dopo la richiesta della ragazza di rimanere viva nonostante le cure in terapia intensiva, prima i medici hanno avanzato richiesta di eutanasia alla Corte Uk e ora lo stesso Tribunale dà il via libera: e così il Servizio Sanitario Nazionale britannico (NHS) ripiomba nel caos, con esso anche la Court of Protection (l’equivalente britannico del Giudice tutelare) che lo scorso 25 agosto ha deliberato nella sentenza la piena ragione all’ospedale, convenendo che ST «non aveva la capacità mentale di prendere le proprie decisioni». Come scritto nella sentenza inglese della giudice Roberts, «La totale incapacità di ST di accettare la sua realtà medica, o di contemplare la possibilità che i suoi medici possano fornirle informazioni accurate, è probabilmente il risultato di un indebolimento o di un disturbo nel funzionamento della sua mente o del suo cervello». La ragazza 19enne, conclude il tribunale, ha affermato che «lei è spaventata dalla prospettiva di morire e si aggrappa al suo desiderio di sopravvivere malgrado i suoi medici le abbiano ripetutamente spiegato che è una condizione in cui non è possibile sopravvivere». Alla famiglia della 19enne non resta che presentare ricorso in appello contro la decisione per impedire l’iter di eutanasia dell’ospedale: c’è un problema sollevato da “La Nuova Bussola Quotidiana”, la famiglia (profondamente cristiana) ha speso quasi tutti i propri risparmi per pagare gli avvocati atti a impedire che il Sistema Sanitario Uk ponga fine alla vita della propria figlia: la loro ultima speranza sarebbe la terapia sperimentale a base di nucleosidi disponibile solo all’estero. Il problema è che l’Ordine di Trasparenza imposto dalla Corte Uk nel marzo 2023 – che impone severe restrizioni nel rilascio di informazioni che possano portare all’identificazione di ST, dei familiari o dei medici coinvolti nel caso – «impedisce alla famiglia di parlare alla stampa o di presentare richieste di fondi».
Parlando con il portale Christian Concern, la famiglia ha rilasciato una dichiarazione molto netta nel quale fa appello all’opinione pubblica per far crescere l’interesse sul caso di ST: «Questo è stato un anno di continue torture per la famiglia. Non solo siamo preoccupati per la lotta per la sopravvivenza della nostra amata figlia, ma siamo anche stati crudelmente imbavagliati per non poter parlare della sua situazione. Non ci è permesso chiedere alle persone preghiere o aiuto di cui ha disperatamente bisogno». Si tratta di una questione cruciale per una ragazza abbandonata da uno stato e una scienza che ha già emesso la propria sentenza finale: «È una questione di vita o di morte per nostra figlia raccogliere fondi per le cure in Canada, quindi queste restrizioni arbitrarie la stanno letteralmente uccidendo. Siamo scioccati dalle parole del giudice che ha detto che nostra figlia non ha la capacità di prendere decisioni da sola, dopo che tutti gli esperti hanno detto il contrario. Siamo molto addolorati per questa ingiustizia e speriamo che, con la grazia di Gesù, venga corretta in appello», concludono disperati i genitori della ragazza.