Stracci nel Mediterraneo, come tanti, come avanzi gettati da uno yacht, come spazzatura di qualche petroliera, come rifiuti del nostro mondo che hanno fatto del “Mare Nostrum”, il mare nostro, il mare di tutti, una pozza di avanzi.
In realtà, a chi osserva bene, c’è qualcosa di particolare in quella macchia che da due settimane galleggia al largo di tutto e di tutti. È un rifiuto, perché nessuno da 15 giorni si è degnato di andarlo a raccogliere, un rifiuto umano. È il corpo ormai quasi del tutto divorato dai pesci di un migrante annegato, appeso ai resti del gommone che lo trasportava e che lo tengono a galla. Naviga, va giù e su, mentre le onde lo trasportano in quel grande blu e sembra quasi che lo proteggano e allo stesso tempo lo offrano alla vista. Come un testimone, come un trofeo, delle migliaia di morti che da anno sono sepolti nel Mediterraneo.
Lo ha visto per prima la Ong Sea Watch e ne ha diffuso l’immagine. Ma a nessuno importa. È sempre lì, cibo per pesci. Mentre i turisti che vanno in Calabria e in Sicilia si preoccupano degli sbarchi di questi “rifiuti” che per di più si portano dietro il virus. Ributtateli in mare, dicono.
La chiamavano Mamma Lucia, vero nome Lucia Pisapia, coniugata Apicella. Viveva a Cava dei Tirreni e aveva visto la Seconda guerra mondiale passare dalle sue case, lasciando a terra centinaia di ragazzi, di una parte e dell’altra. Corpi massacrati dimenticati ai bordi delle strade e nei campi di cui nessuno si era preoccupato. Ci pensò lei allora, da sola, perché i due becchini che il comune gli aveva affidato erano fuggiti per paura delle mine e delle infezioni.
Dal 1943 aveva deciso di dedicare la sua forza al recupero e alla sepoltura di quelli che furono oltre 700 soldati caduti nei combattimenti e abbandonati. Lo scrittore e sceneggiatore Giuseppe Marotta nella raccolta Le Madri descrisse così il coraggio di questa donna: “Un che di ibrido era in lei. Colpivano la sua indubbia umiltà e il suo taciuto ma probabile orgoglio, la sua disinvoltura e la sua modestia, la sua innocenza di popolana e non so che giudizio, che talento di signora! Come è acuta e lucida la sua ingenuità! Come è schietta, disadorna, ma rigorosa e vagamente strategica, la sua maniera di allineare i fatti!”.
Aveva sognato, Mamma Lucia, otto croci divelte accanto alle quali otto soldati la supplicavano di restituire i loro resti alle loro madri. Non potrà portarli a casa, ma uno a uno raccoglierà, mettendone insieme i resti, circa 700 soldati, anche tedeschi, perché lei non guardava alle divise, ma solo ai morti. Papa Pio XII le conferirà una medaglia d’argento, la Germania la Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca, il nostro presidente della Repubblica la fece Commendatore della Repubblica Italiana e la città di Salerno la proclamò cittadina onoraria.
“La madre dei morti”, come veniva chiamata, aveva a cuore quel che emergeva dal terreno: elmetti, stivali, tessuti di divise logorate da vento e pioggia, l’emergere, tra le pietre dei sentieri e tra l’erba secca, di resti umani. Li rimise insieme.
Oggi non c’è nessuno che si muova per un morto che emerge dal Mar Mediterraneo. Oggi l’egoismo e il cinismo sono tali che “madri dei morti” non ne nascono più. Si è mosso soltanto Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, quello che curava i migranti che sbarcavano nella sua isola, oggi deputato del Pd, dicendosi disposto ad andare a recuperare quei poveri resti. Dice Bartolo: “Alcuni mesi fa i guardacoste sono andati a recuperare una pecora in mare avvistata da alcuni pescatori, hanno fatto bene, nessuno deve rimanere in acqua, e allora perché non andiamo a recuperare un uomo? Abbiamo perso il senso della misura”. Abbiamo perso il senso della carità, quella che Mamma Lucia aveva in abbondanza.
Intanto Italia, Libia e Malta si rimbalzano il recupero. Meglio dire che se ne fregano. In fondo nessuno sa chi sia e da che nazione venga.