MANOVRA/ Le batoste all’industria dietro tasse e scelte green

- Natale Forlani

Nella Legge di bilancio ci sono tasse e scelte che sembrano essere penalizzanti per il mondo produttivo italiano

sondaggi politici Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri a Palazzo Chigi (LaPresse)

Cosa sopravviverà dell’impianto originale della proposta di Legge di bilancio, dopo il percorso parlamentare non e lecito sapere. L’ultima “intesa” nella maggioranza è servita ad allungare di qualche mese i tempi per la riduzione dell’uso del contante e per l’obbligo di adottare i dispositivi elettronici per i pagamenti, e per togliere un po’ di vincoli per i lavoratori autonomi che usufruiscono della flat tax sino all’importo dei 65.000 euro annui.

Ma sostanzialmente non è cambiato il senso generale della proposta, che rimane quello di neutralizzare l’aumento dell’Iva previsto dalle vigenti clausole di salvaguardia, con una combinazione di ampliamento del deficit e di aumento di tasse preannunciate per il fine di incentivare l’adozione di produzioni e di consumi ambientalmente sostenibili.

Nel frattempo, per decisione unanime assunta dalla maggioranza di governo, è stata stralciata dal decreto salva imprese” in esame alle Camere,  la clausola relativa all’immunità provvisoria per gli amministratori di Arcelor Mittal dell’Ilva di Taranto: scelta destinata ad accentuare le incertezze sul futuro del sito già complicate dalla caduta della produzione oltre ogni pessimistica previsione. Ma in generale sono buona parte delle scelte annunciate dal Governo giallo-rosso a presentare seri problemi per il futuro di interi apparati produttivi della nostra economia.

Nella prossima Legge di bilancio vengono prospettate una serie di misure, adottate per la finalità di migliorare la qualità ambientale – la plastic tax, la sugar tax e l’aumento delle accise nel prezzo del gasolio – che difficilmente coglieranno gli obiettivi prefigurati. Mentre certi sono i danni per le attività produttive in termini di perdite della competitività e della produzione.

Le attività industriali italiane nei settori della plastica e dell’agroalimentare, per la qualità e la quantità dei materiali riciclati e della dietetica degli alimenti, sono infatti all’avanguardia nei raffronti internazionali nel campo degli investimenti e dell’innovazione. La scelta di penalizzare  l’utilizzo dei veicoli a gasolio, oltre che procurare un danno in termini di valore delle automobili e dei costi di gestione dei loro proprietari, determinerà una caduta della domanda per le automobili prodotte con i motori diesel di nuova generazione. Quindi un potenziale peggioramento della qualità dei veicoli in circolazione e un’ingiustificata penalizzazione  di una parte importantissima della produzione automobilistica  nazionale. Secondo gli esperti,  i motori diesel di nuova generazione sono meno inquinanti delle altre motorizzazioni, elettriche comprese.

Tutto questo, oltre ai costi per i produttori e per i consumatori, porterà benefici all’ambiente? Aumenterà il riciclo della plastica? Diminuirà il consumo degli zuccheri? Ne dubitano persino gli ambientalisti, molti dei quali, constatando il fallimento delle pratiche di tassazione dei materiali e degli alimentari “non eco sostenibili” messe in atto in altri paesi, sostengono con vigore l’esigenza di privilegiare il sostegno verso gli investimenti innovativi e in grado di incidere strutturalmente sulla qualità delle produzioni, delle infrastrutture e dei consumi.

La conferma delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie viene accompagnata da un incomprensibile aumento delle imposte di registro sulle compravendite degli immobili e da un aumento della tassazione sugli affitti.

Per non farci mancare niente, il ministro dello Sviluppo Patuanelli, per contrastare il disimpegno della azienda Whirlpool nell’area napoletana, ventila l’ipotesi di introdurre per legge  una “Golden Power”, una sorta di diritto di veto da parte dello Stato sulle scelte aziendali di delocalizzazione, per le aziende che utilizzano gli incentivi pubblici. Ipotesi velleitaria, forse, ma comunque un messaggio sciagurato per un Paese che ha la necessità di attrarre investitori  internazionali.

Per Alitalia si preannuncia l’ennesimo “prestito” a carico dello Stato per far fronte alle perdite croniche della società aerea in vista della prospettiva di farsene carico definitivamente nazionalizzando la proprietà. Sulla Tav e su altre grandi opere infrastrutturali è stato messo il silenziatore.

Tutti fattori, quelli descritti, che contribuiranno a peggiorare sensibilmente la credibilità del nostro Paese nella direzione di offrire certezze a chi vuole investire. Secondo i nostri governanti, il tutto dovrà essere collocato in un grande disegno di cambiamento.  Un vero rinascimento italiano rappresentato da una grande riforma fiscale, da sostegni pluriennali alle famiglie e alla natalità, e dal new deal finalizzato a contrastare il cambiamento climatico.

Diamogli pure credito. Ma quello che ci viene prospettato al momento sembra un assemblaggio di  interventi rivolti ad assecondare le vecchie  derive ideologiche per tranquillizzare i gruppi politici  di appartenenza.





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