Femminicidio di Maria Tino, la sentenza di appello emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere fa parecchio discutere: i giudici hanno ridotto di due anni la pena inflitta al killer Massimo Bianchi, ex compagno della vittima. Dopo la condanna a 19 anni di reclusione comminata in I grado, la Corte di Appello di Napoli ha ridotto la pena a 17 anni e 6 mesi, escludendo la premeditazione. Un dramma, quello della povera Maria, che aveva sconvolto l’opinione pubblica: l’omicida, che agì il 13 luglio 2017 a Dragoni (provincia di Caserta), appena un anno prima aveva salvato la donna dal marito violento, che a sua volta aveva tentato di ucciderla sferrandole 28 coltellate. «Purtroppo c’è ancora troppa clemenza nei confronti di questi delitti efferati, di questi uomini che uccidono in nome dell’amore», la rabbia della criminologa Antonella Formicola ai microfoni de Il Mattino, che aggiunge a proposito dell’esclusione della premeditazione: «Occorre certezza della pena per questi omicidi, non devono esistere attenuanti ma quell’uomo ha dato un appuntamento alla compagna che era decisa a lasciarlo. E lui si è presentato armato all’appuntamento e con lucida freddezza l’ha uccisa colpendola alla testa con la pistola nella piazza del Paese».
MARIA TINO, RIDOTTA LA PENA AL KILLER MASSIMO BIANCHI
La storia di Maria Tino ha commosso tutti: una donna che pensava di vedere la luce dopo un passato burrascoso e un matrimonio pieno di umiliazioni e violenze, ma che ha dovuto fare i conti con un destino atroce. Era stato proprio Massimo Bianchi a salvarla dall’ennesimo tentativo di omicidio dell’ex marito Angelo Gabriele Ruggiero – condannato a 8 anni e 4 mesi di reclusione anche per i reati di stalking e violenza sessuale – e Maria si era innamorata del suo salvatore, iniziando una relazione con lui. Dopo i primi tempi però la situazione è mutata tragicamente: Bianchi si è infatti rivelato possessivo e geloso, tanto da arrivare a controllarla ed a seguire ogni suo spostamento. Una situazione che peggiora di giorno in giorno, fino al tragico epilogo: Maria Tino viene raggiunta da tre colpi di pistola, una Speir calibro 7.65, sparati uno dietro l’altro nella pubblica piazza di Dragoni, a pochi passi dalla Chiesa. Un omicidio efferato commesso sotto gli occhi dei passanti, con il killer in attesa dell’arrivo dei carabinieri per essere condotto in caserma. «Sono stato io, mi voleva lasciare», l’amara confessione del carnefice.
MARIA TINO, L’ENNESIMO FEMMINICIDIO
Massimo Bianchi – dipendente della Comunità Montana – rappresentava un nuovo inizio per Maria Tino, ma non si è rivelato tanto diverso dal suo ex marito: geloso, possessivo e ossessivo, tanto da essere disposto a porre fine alla sua vita pur di non accettare la fine della relazione. Follia omicida scoppiata all’improvviso, come spiega Il Mattino: prima di quel giorno, infatti, Bianchi non aveva mai alzato le mani. Una giovane vita spezzata dalla gelosia, con la bellissima 49enne che ha lasciato due figli: Pietro e Conny, rispettivamente 25 e 20 anni. Maria lavorava al Comune di Dragoni come Lsu e, per arrotondare lo stipendio, faceva la sarta. Intervistata recentemente da Uno Mattina Estate, la figlia Conny l’ha ricordata così, come la ricordano tutti del resto: «Sicuramente la mia famiglia: gli zii, i nonni, mio fratello. E lei, che mi ha dato degli insegnamenti che mi sono rimasti. Vivo nel suo ricordo, sicuramente. Per me lei era tutto, era il mio punto di riferimento, era la mia mamma. Non riesco a descrivere in semplici parole chi era lei per me». Una grande mamma, una grande donna.