A "Un giorno in pretura" il caso di Maria Paola Gaglione: cosa c'entra il fratello Michele Gaglione e storia dei processi a suo carico
Protagonista (collaterale) della puntata in onda oggi, domenica 12 ottobre 2025, della trasmissione “Un giorno in pretura”, Michele Gaglione è stato recentemente condannato in via definitiva per la morte della sorella 22enne Maria Paola, cagionata – secondo gli stessi giudici – per errore al termine di un lungo inseguimento in moto: un caso che ha causato un ampio dibattito sull’ipotesi (poi negata nelle sentenze) che potesse trattarsi di un reato d’odio omofobico, dato che la sorella di Michele Gaglione usciva con un uomo trans.
Partendo dal principio – e in tal senso vi invitiamo a recuperare l’articolo dedicato alla vicenda in sé – è, infatti, utile ricordare che Maria Paola morì nella notte tra l’11 e il 12 settembre del 2020: quella sera era uscita con il suo fidanzato dell’epoca – il 22enne trans Ciro Migliore – e Michele Gaglione li inseguì per far desistere la ragazza, ma Ciro perse in controllo del suo scooter e la 22enne morì a causa dell’impatto contro un irrigatore che le recise la gola.
I processi a carico di Michele Gaglione: cosa c’entra, secondo i giudici, con la morte della sorella Maria Paola
A tirare in mezzo Michele Gaglione fu proprio Ciro che – dopo alcuni giorni in cui il caso fu derubricato come un semplice incidente automobilistico – raccontò quanto accaduto agli inquirenti: il fratello della vittima da subito ammise l’inseguimento, ma spiegò anche che mai era stata sua intenzione causare la morte della ragazza; sottolineando che voleva solamente farla tornare a casa dato che lei “aveva fatto le valigie” ed era scappata, causando una vera e propria “disperazione” a tutta la famiglia.

In primo grado Michele Gaglione fu accusato di omicidio volontario e tentato omicidio, con l’aggravante dell’omofobia e una richiesta di condanna a 22 anni di reclusione: tesi, però, da subito respinta dai giudici che hanno fatto fede alla mancata volontà omicidiaria e derubricato il reato a omicidio preterintenzionale e lesioni, oltre a far cadere l’aggravante dell’omofobia; mentre visto che le aggravanti sono state ritenute equiparabili alle attenuanti generiche, alla fine Michele Gaglione se l’è cavata con 9 anni e 6 mesi di reclusione.
Come spesso accade, Michele Gaglione ha fatto ricorso e dopo un secondo grado in cui la condanna è stata confermata anche dalla Corte d’Appello, il caro è finito in Cassazione: alla fine, lo scorso anno – a metà giugno – i Giudici Supremi hanno confermato per la seconda volta la condanna in primo grado respingendo il ricorso e, di fatto, rendendo definitivi i 9 anni e 6 mesi di reclusione che attualmente il 37enne sta scontando.
