E’ sempre la passione il filo conduttore che unisce tutti quelli che svolgono un mestiere artigiano. Una scelta di vita, dove un hobby, piano piano, si trasforma in un lavoro; quando, magari, un lavoro, lo si aveva già. Spesso, più sicuro e remunerato. Ma in cui le gratificazioni tra il prima e il dopo non sono commensurabili. E’ il caso anche di Roberta Moretti. Che, col tempo, da arredatrice di interni, si è reinventata “stilista artigiana”. Sabato 3 dicembre apre i battenti la 16esima edizione dell’Artigiano in Fiera, che fino all’11 dicembre ospiterà circa 3mila espositori da 110 Paesi del mondo nel nuovo polo di Rho-Pero. Ci sarà anche lei, ha raccontare la sua storia.
Cosa fa, esattamente?
Mi invento nuovi oggetti, modelli e complementi d’arredo per far lavorare donne che, magari, hanno mancanza di idee ma una grandissima manualità; creo per loro schemi, disegni e prototipi. Se gradiscono, acquistano il progetto o il materiale per realizzarlo. Mi capita anche di vendere pezzi fatti e compiuti, in certi casi commissionati su misura. O di insegnare ad altri a realizzarne.
Lei ha un negozio?
No, ho un laboratorio. Incontro i clienti durante le fiere. Oppure, vengo contattata telefonicamente. A breve, inoltre, apriremo un negozio su internet.
Chi è il suo cliente tipo?
La tipologia è piuttosto variegata, va dai 12 ai 70 anni. Oggi c’è un certo risveglio di queste arti manuali femminili, e può capitate che venga da me una ragazza che vuole imparare. Oppure, una signora di una certa età che lo fa per hobby, o per vendere il prodotto realizzato per beneficienza. O ancora una persona che ha in mente uno specifico oggetto e vuole realizzarlo.
Cosa faceva prima?
Nasco come arredatrice d’interni. Il patchwork, il ricamo, il cucito, la maglia, l’uncinetto, e la pupazzeria erano hobby che, col tempo, sono diventati un lavoro. Dopo aver lavorato tanti anni per i negozi, mi sono messa in proprio. Il passaggio è stato naturale.
Quando ha deciso di mettersi in proprio?
Due anni fa. Ma il lavoro che svolgo adesso a tempo pieno, lo facevo anche prima, contestualmente a quello di arredatrice di interni. Del resto, è un campo nel quale l’interesse per i tessuti e tutto ciò che contribuisce a rendere una casa vivibile sorge spontaneo.
Come ha imparato?
A scuola, anzitutto. Ai miei tempi, alle medie, si imparava ancora a cucire. Successivamente l’interesse mi ha portato a fare corsi, perfezionarmi documentarmi, leggendo libri, riviste, o frequentando le mostre e le fiere.
Lei ha quattro figli. E’ riuscita a conciliare famiglia e lavoro?
Non è stato semplice. Sono stata necessariamente costretta ad avere dei periodi di pausa. Tuttavia, ho continuato a sviluppare il mio hobby. Ora è più semplice. Tre dei miei figli, ormai, sono grandi e hanno una vita indipendente, mentre mio marito si è coinvolto in quello che faccio e spesso, soprattutto durate le fiere, mi dà un mano.
La crisi le ha causato delle difficoltà?
L’anno scorso non ho avuto alcun problema, siamo andati benissimo. Quest’anno, invece, è una tragedia. La gente è spaventata e non spende. Neanche poco. Se prima arrivavano, passavano in rassegna 4 o 5 schemi e ne acquistavano 2 o 3, oggi dicono: “magari, faccio un giro e torno in un secondo momento”. Per lo più si continua a lavorare con chi ha certe disponibilità finanziarie.
Perché, secondo lei, oggi, le giovani generazioni, generalmente, non prendono in seria considerazione l’ipotesi di dedicarsi ad attività di questo tipo?
E’ una scelta di vita che dà grandi gratificazione nel momento in cui si crea o ci si trova in mezzo alle persone. Il problema, è che l’artigianato italiano, pur essendo favoloso e rinomato, non è valorizzato in nessuna maniera.