La notte del 31 dicembre, otto artisti hanno acceso le loro opere dando il via al nuovo anno, ma soprattutto accendendo i riflettori sul gesto quotidiano di accendere l’interruttore. “On”, l’esposizione che continuerà fino all’1 febbraio presso l’Hangar 6 di Trezzano sul Naviglio (Mi), è un grido il cui eco fa ancora vibrare l’animo di chi è stato spettatore, e che promette di non lasciare indifferente il panorama artistico nazionale.
Un gruppo di artisti capeggiato da Davide Coltro, fotografo e artista, nel pieno della loro personale e indipendente carriera artistica. Eppure “On” risulta essere un’esperienza unitaria, il cui spirito si concretizza attraverso forme artistiche differenti, ma che ha un unico punto di fuga. «L’arte è un’attività che ci riguarda tutti» spiega Davide Coltro.
«È fuori dalla politica, dai contesti contingenti. Ma abbiamo voluto che questo gesto fosse compiuto nel momento così importante dei primi minuti dell’anno. Volevamo accogliere un 2012 e augurare a tutti quanti un periodo da affrontare con maggior ottimismo, con minore paura. Volevamo accendere gli spiriti e le menti nostre e delle altre persone per poter affrontare il futuro anche immediato. Anche in questo senso “accenditi”: per tornare a vigilare un po’, senza lasciarsi sopraffare da quest’ondata di notizie imbarazzanti, negative, anche se hanno un fondamento di verità innegabile ma che comunque non agiscano a inacidire le coscienze, a oscurare gli intelletti e che poi non si finisca ad avere paura anche delle ombre in senso generale».
Quale sia il senso del gesto, sta nella comune concezione che questo gruppo di artisti ha dell’esperienza artistica. «Esplorare la possibilità che ha l’arte contemporanea di produrre, progettare e far vivere poi l’esperienza agli interlocutori. Il fatto di essere un’arte prima accesa e poi spenta, queste due nature in atto e in potenza, è una caratteristica propria dell’arte moderna e contemporanea dalla fine dell’800. Quindi il fatto che un’opera d’arte utilizzi l’energia per vivere e per compiersi, per essere, questa è una riflessione che costituisce un confine abbastanza importante per l’arte contemporanea, per il modo di fare arte e di concepirla. Ovviamente l’energia in qualunque forma venga trattata presuppone l’ausilio di tecnologie che la utilizzano, sia dal punto di vista informatico che dal punto di vista elettronico, meccanico, idraulico, cinetico. E allora si è pensato di riunire le esperienze concrete di artisti che lavorano in questa concezione già nella concezione dell’opera, nell’ideazione, nella progettazione, nella realizzazione e nella fruizione del pubblico».
«Anche l’unione di più persone serve a dare più forza e più eco sull’idea che si ha. È una visione nuova di un’opera d’arte per la quale prendiamo la tecnologia che ci è più congeniale, di massa, ampiamente usata da tutti. Quindi da lì ognuno fa le proprie esperienze che navigano anche se concettualmente può essere una piattaforma unificata poi alla fine ognuno di noi esplora mondi nuovi, e quindi nuove dimensioni. Questa è la forza stessa sia dell’opera d’arte e anche l’idea del collettivo». Spiega Vincenzo Marsiglia.
Le opere tuttavia non sono autoreferenziali, ma rispecchiano in ogni caso una certa poetica, una ricerca seria di profondità del singolo creatore e non solo.
Barbara Uccelli è chiara su questo punto: «sono opere complete perché ognuno di noi realizza un’opera che ha una sua genesi e una sua struttura completa, però sono anche opere in divenire, e questa è la struttura dell’”On”: non sono opere statiche, non nel senso che vengono appese a un muro, ma sono in divenire e questa è insomma la poetica che ci accomuna. È una forma di movimentazione del pensiero che tu hai quando vai a vedere il lavoro».
E la movimentazione del pensiero diventa una vera e propria tempesta, nel momento della reale visione di quello che da questi artisti, non collettivo ma collettività, è nato. Da opere in cui è lo spettatore stesso a creare con il proprio essere l’opera d’arte attraverso l’interazione con i meccanismi, a opere in cui è l’opera d’arte che “crea” lo spettatore stupendolo, incuriosendolo e impossessarsene fino a disintegrarlo nell’immagine del fuoco che scompone l’oggetto, nella deflagrazione reale e simbolica della realtà durante la sua mutazione nel tempo e nello spazio. I lavori di “On” non sono solamente un’esperienza di provocazione e stupore: la valenza che portano è simbolica e reale allo stesso tempo, ed è certo uno dei più bei auguri per il nuovo anno. Essere “accesi” nella realtà.
(Caterina Gatti)