Viviamo nella società dello spettacolo, nella società della perenne diretta tv. Crediamo di conoscerne i meccanismi, di aggirane le trappole, i ricatti, di esserne in fin dei conti liberi e invece ne siamo prigionieri, tutti. I poveri manifestanti che qualche sprovveduto ha portato in pullman, in piazza e persino in chiesa a protestare contro uno spettacolo intellettualoide, ma non certo blasfemo – Sul concetto di volto nel figlio di Dio di Romeo Castellucci -, come gli intellettuali “democratici” (Mancuso, De Monticelli, Giorello, Scurati, Boeri, ecc.) precettati alla prima milanese al Teatro Parenti e come un sol uomo schierati a difesa della “libertà di espressione”.
E anche le camionette della polizia a mo’ di posto di blocco a chiudere la strada (con una sgradevole eco di anni per fortuna lontani), sono puro spettacolo; e i servizi dei Tg in diretta dalla piazza e dal teatro lo sono, e il fiume di opinioni che invade ogni media, lo è: puro spettacolo, pura fame di show. Lo show di quello che diciamo sullo show, non la breve, provocatoria performance – un povero vecchio ammalato e assediato dai suoi escrementi e un figlio che lo pulisce crudamente in scena più volte sotto il volto affettuoso di un enorme Cristo – che dovrebbe restare doverosamente fra gli esperimenti offerti a un pubblico attrezzato e aduso.
No, eccoci tutti a sproloquiare pro o contro, offesi da qualche voce ecclesiale mal consigliata che in fondo ha solo buttato lì un’opinione, non un dogma di fede. Poi le tenere pecorelle portate in gita a Milano dai patetici leader di un fondamentalismo cattolico fuori tempo massimo, e l’infiltrarsi nella vicenda di qualche fascistello da assalto via web – sgradevolezze antisemite comprese – e la panna che monta, monta a dismisura. Così il povero Castellucci, sperimentalista apprezzato nel mondo con la sua Societas Raffaello Sanzio di Cesena fin dagli anni Ottanta, oggi è travolto da un gioco mediatico più grande di lui. Arriva a definirsi cattolico sincero, i suoi sette figli sono portati ad esempio, e nonostante la sua non volontà di polemica diventa il fulcro di uno scontro epocale ormai incastonato fra Galileo e Giordano Bruno…
È come se non si imparasse mai niente, dal succedersi di “affaires” mediatici gonfiati e sgonfiati come ricorrenti “ballon d’essai”. Vi ricordate il gran canaio di un anno fa a proposito di chi dovessero invitare, Saviano e Fazio, a parlare di eutanasia a “Vieni via con me”? Ecco, siamo allo stesso meccanismo, col solito, già visto finale di una figuraccia da censori estesa a chiunque coltivi un diverso sentire da quello della cultura individualista borghese dominante. Si impari una volta per tutte che partecipare al dibattito-spettacolo non è poi così necessario, che l’educazione a un altro punto di vista non passa sempre per l’autostrada dei mass media ma a volte privilegia un passaparola intelligente e spiazzante.
Sì, il dibattito sì, ma solo se l’Agorà della nostra comunicazione offre le condizioni minime per parlarsi nel rispetto reciproco. Questo piccolo spettacolo, ahimé, non le offriva proprio.