Lo spettacolo Sul concetto di volto nel figlio di Dio di Romeo Castellucci in scena al Parenti di Milano sta creando divisione. Il commento di MASSIMO BERNARDINI

Viviamo nella società dello spettacolo, nella società della perenne diretta tv. Crediamo di conoscerne i meccanismi, di aggirane le trappole, i ricatti, di esserne in fin dei conti liberi e invece ne siamo prigionieri, tutti. I poveri manifestanti che qualche sprovveduto ha portato in pullman, in piazza e persino in chiesa a protestare contro uno spettacolo intellettualoide, ma non certo blasfemo – Sul concetto di volto nel figlio di Dio di Romeo Castellucci -, come gli intellettuali “democratici” (Mancuso, De Monticelli, Giorello, Scurati, Boeri, ecc.) precettati alla prima milanese al Teatro Parenti e come un sol uomo schierati a difesa della “libertà di espressione”.



E anche le camionette della polizia a mo’ di posto di blocco a chiudere la strada (con una sgradevole eco di anni per fortuna lontani), sono puro spettacolo; e i servizi dei Tg in diretta dalla piazza e dal teatro lo sono, e il fiume di opinioni che invade ogni media, lo è: puro spettacolo, pura fame di show. Lo show di quello che diciamo sullo show, non la breve, provocatoria performance – un povero vecchio ammalato e assediato dai suoi escrementi e un figlio che lo pulisce crudamente in scena più volte sotto il volto affettuoso di un enorme Cristo – che dovrebbe restare doverosamente fra gli esperimenti offerti a un pubblico attrezzato e aduso.



No, eccoci tutti a sproloquiare pro o contro, offesi da qualche voce ecclesiale mal consigliata che in fondo ha solo buttato lì un’opinione, non un dogma di fede. Poi le tenere pecorelle portate in gita a Milano dai patetici leader di un fondamentalismo cattolico fuori tempo massimo, e l’infiltrarsi nella vicenda di qualche fascistello da assalto via web – sgradevolezze antisemite comprese – e la panna che monta, monta a dismisura. Così il povero Castellucci, sperimentalista apprezzato nel mondo con la sua Societas Raffaello Sanzio di Cesena fin dagli anni Ottanta, oggi è travolto da un gioco mediatico più grande di lui. Arriva a definirsi cattolico sincero, i suoi sette figli sono portati ad esempio, e nonostante la sua non volontà di polemica diventa il fulcro di uno scontro epocale ormai incastonato fra Galileo e Giordano Bruno…



È come se non si imparasse mai niente, dal succedersi di “affaires” mediatici gonfiati e sgonfiati come ricorrenti “ballon d’essai”. Vi ricordate il gran canaio di un anno fa a proposito di chi dovessero invitare, Saviano e Fazio, a parlare di eutanasia a “Vieni via con me”? Ecco, siamo allo stesso meccanismo, col solito, già visto finale di una figuraccia da censori estesa a chiunque coltivi un diverso sentire da quello della cultura individualista borghese dominante. Si impari una volta per tutte che partecipare al dibattito-spettacolo non è poi così necessario, che l’educazione a un altro punto di vista non passa sempre per l’autostrada dei mass media ma a volte privilegia un passaparola intelligente e spiazzante.

Sì, il dibattito sì, ma solo se l’Agorà della nostra comunicazione offre le condizioni minime per parlarsi nel rispetto reciproco. Questo piccolo spettacolo, ahimé, non le offriva proprio.