Fratel Ettore e don Primo Mazzolari verso gli altari. I vescovi lombardi, che si sono riuniti a Roma lo scorso 15 febbraio ai margini della visita ad limina a Papa Benedetto XVI, hanno infatti approvato l’avvio dell’iter canonico per l’introduzione della causa di beatificazione di sei cattolici lombardi tra cui spiccano fratel Ettore Boschini, il camilliano amico dei senza tetto milanesi, e don Primo Mazzolari, figura storica (e discussa) del cattolicesimo cremonese del Novecento, in particolare durante il fascismo e la ricostruzione post bellica. Assieme a loro, Carlo Acutis e fra Jean Thierry (diocesi di Milano), monsignor Giovanni Cazzani (diocesi di Cremona), Teresio Olivelli (diocesi di Vigevano). Vediamo ora di conoscere di più chi sono questi nuovi “Servi di Dio”.
Chi è milanese non può non ricordarsi il frate con la lisa tonaca nera su cui spiccava una grande croce rossa (la “divisa” dei Camilliani) che andava in giro per la città su una scassatissima auto con una grande statua che troneggiava sul tetto. Fratel Ettore Boschini non si curava di quello che dicevano i passanti: con un gracchiante megafono guidava la recita del Rosario seguito da un corteo di “ultimi”, quelli che andava a raccogliere per le strade di Milano: barboni, tossicodipendenti, ammalati di Aids. Nella notte di Natale del 1979 apre il suo primo “Rifugio amici del cuore immacolato di Maria”, in un vecchio magazzino delle Ferrovie dello Stato sotto l’arcata ferroviara in fondo a via Sammartini. Un punto di riferimento per l’umanità dolente della città, che dovrà presto allargarsi ad altri due centri, nel quartiere Affori e a Seveso. Fratel Ettore aveva l’urgenza di assistere i più poveri – seguendo il su carisma di Camilliano – e di annunciare a tutti il Vangelo e l’amore della Madonna. Ma nella sua vita non fu sempre così: nato il 25 marzo 1928 in una famiglia contadina di Roverbella, nella campagna mantovana, a 10 anni era “ragazzo di stalla”, un lavoro molto faticoso per un bambino di quella età; diventato adolescente, nonostante gli insegnamenti familiari, non frequenta più la chiesa. Poi a 17 anni partecipa a un pellegrinaggio al santuario della Madonna della Corona a Spiazzi, nel Veronese, dove fu molto colpito – non sapeva neanche lui perché – dalla statua di Maria. Racconta lui stesso: “ Cara Mamma – avevo pregato quasi senza rendermene conto – tu conosci la mia vita disordinata, voglio cambiare, ma se tu non mi aiuti, sono sicuro che domani ricomincerò da capo – quel giorno ho cominciato una marcia che dura ormai da cinquant’anni”. Entra nei Camilliani come semplice “fratello”: il su primo incarico fu a Venezia dove rimase 25 anni a servire i piccoli ammalati nell’Ospedale San Camillo agli Alberoni e dove fu insignito del Premio della Bontà. Nel frattempo prese il diploma di infermiere e nel 1976 venne trasferito a Milano dove continuò la suo opera sempre affidandosi alla Provvidenza. Muore – o come scrivono i suoi amici “nasce al Cielo” – il 20 agosto 2004.
Don Primo Mazzolari è uno di quei preti che ebbero un rapporto un po’ tribulato con la gerarchia ecclesiastica per molti anni, senza che questo mettesse in dubbio la sua fede e la sua obbedienza, e che però sul finire della propria vita vedono riconosciuto il proprio carisma. Disse di lui Paolo VI – che quand’era ancora arcivescovo di Milano, nel novembre 1957, lo chiamò a predicare la Missione di Milano: “Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti”. Don Mazzolari nasce a Boschetto, una frazione di Cremona, il 13 gennaio 1890, primo di cinque figli. Nel 1912 fu ordinato prete in cui periodo molto difficile della Chiesa italiana, a causa dei conflitti post risorgimentali con lo Stato italiano e la posizione anti modernista del Vaticano. Volontario durante la prima guerra mondiale, presto servizio prima nella sanità e poi come cappellano sul fronte francese. Nel 1920 divenne parroco di Cicognara, nel mantovano e lì prese subito le distanze dal nascente fascismo. Questa sua posizione – che si approfondì negli anni – gli valse un attentato (fortunatamente a vuoto) e un lungo periodo “alla macchia” durante la guerra. Ma furono le sue posizioni “ecclesiali” che gli procurarono le difficoltà più acute con suoi libri proibiti dal Sant’Uffizio. La sua convinzione era che la società italiana dovesse venire rifondata sul piano morale e culturale. Nelle decisive elezioni del 1948, don Primo appoggiò la Dc ma inizio subito ad ammonire i parlamentari invitandoli all’impegno coerente. Il titolo di un suo articolo spiega la sua posizione: “ Deputati e senatori vi hanno fatto i poveri”. La sua azione fu sociale e culturale: attraverso scritti e giornali diede vita a un movimento. Le sue idee dividevano la Chiesa italiana, ma don Primo fu fedele al su motto di “ubbidire in piedi”, rispettando e accettando le decisioni dei suoi superiori me tutelando sempre la sua dignità e il suo pensiero. Poi, il riconoscimento dell’arcivescovo Montini e l’affetto di papa Giovanni XXIII che lo ricevette in udienza in Vaticano nel febbraio 1959, poco prima della sua morte avvenuta il 12 aprile 1959.
(Daniela Romanello) -segue