La Cassazione ha rigettato il ricorso di un gruppo di cittadini che aveva contestato la sentenza contraria al risarcimento danni per la mancata bonifica, da parte dell’Icmesa, dell’area colpita dagli effetti inquinanti del disastro ambientale avvenuto a Seveso il 10 luglio del 1976, quando il reattore chimico della fabbrica esplose disperdendo sul territorio circostante un’ingente quantità di diossina. La richiesta di risarcimento era già stata respinta dal giudice di primo grado e dalla Corte d’Appello di Milano. Il verdetto della Cassazione è “prescrizione, perché gli effetti sono iniziati nel momento stesso dell’esplosione”.
Ilsussidiario.net ha chiesto un commento ad Ambrogio Bertoglio, già direttore generale dell’azienda ospedaliera di Lecco, all’epoca giovane medico psichiatrico del Centro Decanale di Seveso.
Come giudica la decisione della Cassazione?
Mi pare che la Corte abbia riconosciuto una cosa importante: che la bonifica dell’area è stata fatta e che la decontaminazione è avvenuta in modo corretto. Oggi su quell’area c’è un bosco che le famiglie frequentano senza patemi da diversi anni.
Secondo lei cos’altro si poteva fare?
Dobbiamo domandarci se con le apparecchiature e le tecnologie che avevamo a disposizione allora, era possibile delimitare in modo preciso la zona contaminata. La mappa che delimitava il territorio sul quale si era depositata la diossina ha seguito un po’ troppo strade, incroci e confini dei comuni della zona. Sarebbe piuttosto strano che la sostanza sia caduta in maniera così geometrica.
Ci spieghi…
La delimitazione dell’area fu fatta con le apparecchiature e le metodologie allora disponibili che dopo il caso Icmesa vennero notevolmente raffinate.
I cittadini che hanno fatto ricorso sostengono di aver subito anche “un indiscutibile danno morale conseguente ai continui controlli sanitari cui erano costretti a sottoporsi”. Lei che è medico cosa ne pensa?
Dai controlli effettuati in tutti questi anni non è emerso nulla di particolarmente preoccupante. Tra la popolazione della zona abbiamo assistito a un aumento, assai contenuto, dei casi di tumori alle parti molli, da uno a due casi, un dato statisticamente irrilevante.
I controlli furono scrupolosi?
L’allora direttore del laboratorio dell’ospedale di Desio, il dottor Paolo Bocarelli, ebbe l’accortezza di conservare una grande quantità di campioni di sangue e di urine prelevati nelle settimane immediatamente successive al disastro. I campioni furono congelati e analizzati diversi anni dopo. Dalle analisi risultò una notevole presenza di diossina nel sangue e nelle urine. Che per fortuna non ebbe conseguenze dal punto di vista sanitario. C’è un aspetto che, a quanto mi risulta, rimane ancora senza spiegazione.
Di cosa si tratta?
Dell’inversione nel rapporto delle nascite uomini-donne. Normalmente nascono più uomini che donne. Mentre invece per alcuni anni nella zona abbiamo assistito a un aumento significativo delle nascite di donne rispetto a quelle degli uomini.