Ieri sera, alle 20.45, il cardinale Angelo Scola ha presieduto la Veglia diocesana per il lavoro all’Ortomercato di Via Lombroso, una collocazione connotata da due caratteristiche estremamente significative in relazione al contenuto dell’evento: si tratta di un crocevia di etnie differenti (tema molto caro al cardinale) e di un luogo in cui ogni giorno si recano a lavorare migliaia di persone. Nel suo intervento, intitolato “Perché ti affanni? Lavoro e Famiglia in questo tempo”, ha spiegato, anzitutto, che la scelta del luogo è stata fatta per «aiutarci a comprendere il nostro essere immersi nella realtà». Traendo, poi, spunto dal passo evangelico che recita: “Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi”, ha illustrato come per il cristiano tutta la vita sia vocazione, «perciò tutte le circostanze e tutti i rapporti possono essere vissuti ai piedi del Signore, nella relazione con Lui». Il cristiano, per Scola, è un uomo profondamente unito, che può vivere ogni istante della propria esistenza nella consapevolezza di non essere mai lasciato solo. Per questo, «la Parola di Dio annunciata da Gesù» è tutto quello di cui ha bisogno ogni persona. E ricordarlo agli uomini è il compito della Chiesa. E’ in quest’ottica, continua il vescovo di Milano, che occorre guardare «al nuovo, al travaglio, alla crisi economico-finanziaria, alla disoccupazione giovanile, alla perdita di lavoro». Solo da una simile prospettiva può ripartire la rinascita, che ha lungo, anzitutto, dalla condivisione con chi ha maggiormente bisogno. In questo, la Chiesa e i cristiani possono dare un contribuito estremamente concreto: «E’ segno dell’intelligenza della carità inventare nuove forme – attingendo alla sapienza della Dottrina Sociale della Chiesa – per realizzare interventi di aiuto, a tutti i livelli, a beneficio delle famiglie in difficoltà nel far quadrare il bilancio». Il cardinale, nel parte conclusiva del suo intervento, ci ha tenuto a sottolineare come sia necessario sottolineare quella concezione secondo cui le relazioni familiari sono intese come una variabile dipendente di quella lavorativa: «Non si tratta solo di proteggere alcune categorie, fossero anche le madri, ma di rendere compatibile la vita delle famiglie con il mondo del lavoro».