Un gruppo di scienziati dell’Università di Cambridge ha annunciato avere dato vita a delle femmine di mosche della frutta geneticamente modificate che sono capaci di riprodursi da sole, senza l’accoppiamento con un maschio. La nascita vergine, chiamata anche partenogenesi, è rara ma non inedita nel regno animale. Alcune specie tra cui lucertole e determinati uccelli, come riportato da Insider Paper, sono in grado di farlo naturalmente, ma non è il caso della Drosophila melanogaster (questo il suo nome).
“Per la prima volta, gli scienziati sono riusciti a indurre la nascita vergine in un animale che di solito si riproduce sessualmente”, ha affermato l’ateneo. La ricerca è durata sei anni e ha coinvolto più di 220.000 mosche della frutta. Se le mosche geneticamente modificate avessero accesso ai maschi, si riprodurrebbero normalmente. Tra quelle tenute in isolamento, dall’1% al 2% sembrerebbe avere rinunciato ad accoppiarsi a metà della sua vita – circa 40 giorni – e ha dunque avuto un parto vergine. La loro prole, composta tutta da femmine come avviene nelle nascite di questo tipo, aveva la stessa capacità e più o meno lo stesso tasso di partenogenesi.
Mosche della frutta geneticamente modificate hanno parto vergine: come funziona
Lo studio in questione non è per nulla semplice. Alexis Sperling, ricercatrice presso l’Università di Cambridge nel Regno Unito e autrice principale del nuovo studio, ha ammesso che desiderava studiare le nascite vergini da quando la sua mantide religiosa domestica ne ha avuta una. La scelta è ricaduta sulle mosche della frutta per la ricchezza dei dati sulla specie. Gli scienziati hanno sequenziato i genomi di due ceppi di un altro esemplare simile, la Drosophila mercatorum: uno si riproduce esclusivamente attraverso la nascita vergine, mentre l’altro ha bisogno di un maschio. Sono stati dunque individuati i geni del primo e manipolati di conseguenza quelli della Drosophila melanogaster. Il risultato è stato “moscerini completamente partenogenetici”.
Herman Wijnen, un ricercatore dell’Università di Southampton nel Regno Unito non coinvolto nello studio, ha affermato che ciò è “entusiasmante perché dimostra come la partenogenesi possa evolvere in una specie che si riproduce sessualmente come strategia di supporto per le femmine che non sono in grado di trovare un partner”. Ciò è accaduto, naturalmente, alcuni anni fa anche in un coccodrillo. Più animali sono insomma capaci di nascite vergini di quanto non sia attualmente noto. La lista comunque quasi con certezza non include gli esseri umani.