Tesla, l’azienda automobilistica che produce auto elettriche, vale in Borsa più di General Motors e di Ford perché il mondo è pieno di incoscienti, per non dire di peggio. La sua quotazione è l’ultima versione della bolla azionaria: tutti comprano i titoli, anche se nell’azienda c’è poco o nulla, soltanto perché il prezzo dell’azione continua a salire e in questo modo fanno, a loro volta, crescere le quotazioni. Qualcuno esce e incassa (la minoranza), qualcun altro (la maggioranza) compra a prezzi ancora più alti. Quando saranno di più quelli che vogliono vendere rispetto a quelli che vogliono comprare le azioni, saranno dolori. Basterà un nonnulla (una notizia negativa, un raffreddore del padrone Elon Musk o un rintracciamento generale del Dow Jones) per far crollare le quotazioni. Ci sarà la corsa a vendere, il cosiddetto panic selling, e qualcuno resterà con il cerino in mano rimettendoci un mucchio di soldi.
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Sono quasi 500 anni che le cose vanno così, da quando alla Borsa di Amsterdam un bulbo di tulipano venne venduto all’equivalente attuale di mille euro e pochi mesi dopo tornò a essere un fiore qualsiasi, e andranno così anche questa volta perché, come dicevamo, dietro l’azione Tesla, c’è poco o nulla. L’azienda californiana nel 2016 ha prodotto 84mila auto e ha perso quasi 700 milioni di dollari su 7 miliardi di fatturato. In più è un’impresa giovane in un comparto complesso come quello delle costruzioni meccaniche e ha una fabbrica che Automotive News, la bibbia del settore, ha definito una delle più inefficienti del Paese. Se a questi dati reali ci sommiamo un paio di incidenti mortali che hanno coinvolto i suoi modelli dotati di guida autonoma, il quadro è ancora più chiaro: non c’è nessun motivo per il quale abbia senso che Tesla valga più di General Motors o di Ford.
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Nonostante questo Tesla vale a Wall Street 51 miliardi di dollari, qualche milione in più di General Motors che nel 2016 ha venduto 10 milioni di auto guadagnando 9,4 miliardi di dollari, 5 miliardi in più di Ford e tre volte e mezzo Fca che ha una capitalizzazione 15 miliardi. In suo favore giocano soltanto tre fattori. Il primo è essere la creatura di Elon Musk, uno dei personaggi più funambolici della Silicon Valley, geniale inventore di PayPal che sta pensando anche ai viaggi nello spazio. Il secondo è produrre un’auto di tendenza: piace alla gente che piace, cosa che non si può certo dire delle altre auto elettriche che sono molto spesso migliori sul fronte delle prestazioni, ma sono decisamente più brutte e mono affascinanti. Il terzo è quello che sbandierano gli eterni ottimisti giustificando le quotazioni attuali: dopo aver costruito solo auto che costano dai 85 ai 160 mila euro, ad aprile dello scorso anno Tesla ha aperto le prenotazioni per il Modello 3 che dovrebbe costare attorno ai 35 mila dollari negli Stati Uniti e ha ricevuto circa 500 mila prenotazioni in tutto il mondo, Italia compresa.
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Benissimo, direte voi. Speriamo, dico io. Perché al momento del lancio del prodotto non c’era neanche la fabbrica dove potevano costruire le vetture e a quanto si sa ancora oggi a un anno di distanza non è pronta. Elon Musk ha detto che la produzione inizierà in autunno di quest’anno e che le consegne partiranno da dicembre. Intanto, non ci sono abbastanza batterie al mondo per costruire 500 mila auto elettriche.