Il prossimo 27 settembre, pochi giorni dopo il suo 67esimo compleanno, Bruce Springsteen pubblica in tutto il mondo, Italia compresa, la sua attesa autobiografia, intitolata come la sua canzone più famosa, Born to Run. Di solito le autobiografie dei giganti del rock deludono, perché ovviamente tendono a censurare molti particolari di esistenze che hanno visto il bene e il male, il successo e le crisi, gli errori e le cadute, preferendo dare una versione buonista ed edificante di se stessi. Non sembra sia il caso di quella di Springsteen, almeno da quanto si legge dall’intervista rilasciata all’edizione americana della rivista Vanity Fair in edicola in questi giorni, dove il leggendario cantante e autore americano dimostra di aver avuto il coraggio di andare a fondo di se stesso e di offrire la verità ai lettori. Ad esempio quando parla coraggiosamente di depressione, un capitolo di cui aveva già parlato in una intervista di qualche tempo fa, ma che sembrava relegato a un perido particolare della sua vita, intorno ai trent’anni, quando stava vivendo una crisi esistenziale molto particolare. Nell’intervista Springsteen dice invece di soffrirne ancora e di essere stato colpito da crisi drammatiche tra i 60 e i 62 anni, cioè poco tempo fa e ancora a 64 anni: “Non è un bel record” dice amaramente. La depressione, aggiunge, “è qualcosa che non ti abbandona mai, l’ho sempre immaginata come una macchina in cui tutto te stesso è contenuto. E se un nuovo te stesso ci si può sedere, il vecchio te stesso non ne scenderà mai. La cosa importante è chiedersi ogni istante: di chi dei due sono le mani sul volante?”. Il musicista si spinge poi a dire che la moglie Patti Scialfa ha vissuto con lui tutti quei momenti terribili, le sue battaglie contro la depressione. “Mi ha portato dal dottore e gli ha detto: quest’uomo ha bisogno di medicine”. Il padre, dice ancora, soffriva anche lui della stessa malattia. Anche in età avanzata non era in grado di esprimere i propri sentimenti: suo padre, dice, non gli ha mai detto una volta “ti voglio bene”. “Il massimo che riuscivamo a dirci era: papà ti voglio bene, e lui, sì anche io. La sua voce magari si incrinava nel pianto, ma non riusciva a dire ‘ti voglio bene'”. Una immagine ben diversa dunque di quella del gioioso rocker capace di infiammare gli stadi anche per 4 ore, ma forse proprio i concerti sono la sua medicina migliore. Springsteen annuncia anche un nuovo disco già pronto, un disco solista, senza E Street Band, in cui, dice, ha usato orchestre e archi: un disco pop nella tradizione anni 60, spiega.
(Paolo Vites)