Secondo una rilevazione di Fabi, il principale sindacato dei bancari, i mutui nell’ultimo anno hanno generato circa 15 miliardi di euro di arretrati, divisi in circa 1 milione di famiglie su tutto il territorio italiano. Una situazione che lancia un importante campanello di allarme e che, a lungo andare, potrebbe degenerare in una generale inadempienza dei debitori. Oltre ai 15 miliardi, tuttavia, ci sono da considerare anche quelle che rappresentano “inadempienze probabili“, ovvero che non si sono ancora concretamente verificate e che sono pari a circa 7,1 miliardi. Il Governo italiano, a conoscenza della complessa situazione dei mutui, ha già preso alcuni timidi provvedimenti che hanno portato ad un piccolo passo avanti da parte degli istituti bancari, che tuttavia non è ancora sufficiente, specialmente se contestualmente non diminuisce anche l’inflazione.
Mutui: la fotografia di Fabi sui debiti italiani
Insomma, nell’ultimo anno è cresciuta l’inadempienza dei debitori italiani che, per una ragione o per un’altra, sono ricorsi a mutui con le banche. Secondo i dati di Fabi, infatti, in totale vi sarebbero circa 22 miliardi che gli italiani potrebbero, potenzialmente, non saldare, dei quali 5,7 sono già stati iscritti tra gli insaldabili in maniera quasi certa. Invece, 15,1 potrebbero, ancora, essere coperti, mentre gli ultimi 7,1 miliardi sono considerate, appunto, “inadempienze probabili”.
Fabi ha, inoltre, stilato un elenco di quali tipologie di mutui sono maggiormente soggetti a rischio inadempienza. La fetta maggiore, pari a 6,8 miliardi, è costituita dalle rate effettive di un mutuo che non sono state saldate, mentre altri 3,7 miliardi sono i crediti a consumo non rimborsati. L’ultimo 4,7 tra i miliardi di debiti non saldati, infine, è rappresentato dagli arretrati dei prestiti personali. Passando invece al capitolo dei mutui non saldati rappresentato dai prestiti immobiliari, si parla di circa 140 miliardi non saldati, su un totale di 425 erogati. In quest’ultima categoria, infatti, ha pesato soprattutto l’aumento del costo del denaro che è aumentato di circa 4 punti percentuali in appena 11 mesi.