Durante l’Avvento mi ha molto accompagnato la lettura di un bellissimo libro dello psichiatra Borgna sull’amicizia. Il testo è ricchissimo di citazioni; tra di esse una, tratta dal diario di Etty Hillesum, ha catalizzato la mia attenzione: “la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire, ma non dobbiamo soccombere”.
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Poi queste parole mi sono tornate in mente durante la santa messa della notte, mentre portavo il Bambino nella mangiatoia. E anche dopo, riascoltando l’annuncio profetico di novità: “un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio; e il suo nome sarà: Principe della pace” (cfr. Is 9,5).
La nascita di un figlio cambia clamorosamente tutto l’ambiente, tutta la casa. Il Natale è questa novità che cambia ogni volta la nostra vita e la vita del mondo. Ma per accorgersene bisogna desiderare, domandare questo cambiamento. Il cambiamento è la sorpresa di un pezzetto di amore e di bontà che si va conquistando il nostro cuore. Se non cambia il cuore, difficilmente potrà cambiare il mondo: e infatti il cuore dell’uomo è il mondo che prende coscienza di sé. Mi aveva sempre colpito un brano di don Giussani in cui diceva che i meravigliosi cieli del nord, i monti, le valli e le colline, le immense pianure russe prendono coscienza di esistere nel mio cuore.
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Isaia parla di uno strano personaggio che il cristianesimo ha identificato con Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Egli è portatore di pace, ma di una pace divina, non mondana. La tragedia dei potenti di questo mondo consiste nell’accanirsi a instaurare una pace mondana, terrena, che come tale non può andare oltre il monito romano “se vuoi la pace, prepara la guerra” nelle sue diverse, e, a volte, orribili varianti, ma sempre tragiche e tristi.
Ai crimini e agli orrori, che ahimè accompagnano in modo sempre più crescente e sofisticato la nostra vita, Dio risponde in modo clamoroso: al crimine mette di fronte l’offerta, all’orrore la bellezza e la misericordia, alla violenza la pace. Il Natale di Gesù è un Natale di pace: siamo invitati anche noi a volgere lo sguardo al Presepe (800 anni fa Francesco si commosse facendo il primo Presepe a Greccio proprio attorno all’altare, intuendo così il profondo legame tra il mistero dell’incarnazione e il mistero dell’offerta, della croce, della resurrezione, della bellezza, della misericordia, della pace); indirizziamo allora anche noi il nostro sguardo a Betlemme; fissiamo almeno per un momento lo sguardo su questo Bambino; forse anche noi cominceremo a desiderare quella pace nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nei nostri paesi e società, proprio quella pace di cui Lui, il Signore è il Principe; forse anche nei nostri cuori l’amore e la bontà si conquisteranno un posticino.
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