Concluso primo round di negoziati tra USA e Iran, tra una settimana nuovi colloqui in Oman: programma nucleare, richieste Trump e scenari Khamenei

PRIMO ROUND POSITIVO IN OMAN: COME PROCEDONO I NEGOZIATI SUL NUCLEARE IRAN CON L’AMERICA

Iniziali, interlocutori, ma comunque promettenti: così i negoziati USA-Iran avviati ieri in Oman per dirimere l’eterno scontro sullo sviluppo del nucleare a Teheran, dopo che lo stesso Presidente Donald Trump nel 2018 arrivò a stralciare l’accordo siglato appena tre anni prima dalla Presidenza Obama perché considerato troppo pericoloso per la sicurezza del vicino Israele. Qualche spiraglio ora però si riapre con i colloqui avvenuti sabato 12 aprile nella capitale dell’Oman, a Muscat: sebbene con le regole fissate dall’Iran, che prevedevano negoziati indiretti delle due delegazioni, salvo un breve finale incontro tra il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e l’inviato USA Steve Witkoff.



Al netto delle dichiarazioni di circostanza sulla distanza abnorme nelle istanze di Trump e dell’ayatollah Khamenei, le parole del diplomatico di Teheran lasciano intravedere qualche spiraglio per un accordo finale sul nucleare: «giro costruttivo e promettente di colloqui indiretti», ammette Araghchi ringraziando sia Witkoff che il padrone di casa, il sultano dell’Oman Al Busaidi. «Rispetto e promesse», ha concluso il Ministro degli Esteri annunciando un secondo giro di negoziati già per i prossimi giorni, forse già il prossimo sabato 19 aprile 2025. Le trattative portate avanti su due tavoli diversi, guidati dal sultano dell’Oman, hanno portato al momento un riavvicinarsi delle parti, nonostante le invettive degli scorsi mesi del nuovo Presidente americano sulle intemerate politiche nucleari del regime sciita.



LE RICHIESTE DI TRUMP, I “PALETTI” DI TEHERAN E IL RISCHIO GUERRA ATOMICA

Risultato importante è che ora i prossimi negoziati dovrebbero vedere USA e Iran a colloquio diretto e non più in “stanze separate” presso le sfarzose sale del sultanato a Muscat: l’inflazione, le sanzioni e la moneta iraniana ai minimi storici necessita molto più degli Stati Uniti della buona riuscita di questo accordo, anche se la richiesta di Trump di impedire qualsiasi costruzione di bomba atomica a Teheran al momento vede una non risposta di Khamenei.

Lo smantellamento totale del programma nucleare non viene per il momento accettato dall’Iran, ma qualcosa potrebbe muoversi sulle riduzioni dei livelli di uranio, così come la riduzione delle sanzioni e il rilascio con scambio dei prigionieri: le parti potrebbero riavvicinarsi per un accordo vicino a quello già ottenuto da Obama 10 anni esatti fa, ovvero con l’uso di uranio – solo per usi civili – al 3,67% come limite.



A differenza dell’epoca però, e confermando un trend già visto per i negoziati di pace su Medio Oriente e Ucraina, la vera assente è ancora una volta l’Unione Europea: la sfiducia generale è dettata però dalla distanza che comunque rimane fra Trump e Teheran, su cui pende la possibile “levata” dal freno che per il momento Washington tiene su Israele per impedirgli di sganciare missili contro Teheran, dopo le minacce iraniane lanciate negli scorsi mesi.

«La nostra intenzione è di raggiungere un accordo equo e onorevole da una posizione paritaria», ha spiegato ancora il Ministro Araghchi chiudendo il primo round di negoziati sul nucleare in Oman. Dalla Casa Bianca è Trump a sottolineare di volere per il futuro un Iran felice e non più sotto l’egida delle armi nucleari, «non possono averla». Dagli scenari sull’Iran molto dipenderà l’esito delle trattative per la Striscia di Gaza, con nuovi scontri tra Israele e Hamas anche in queste ultime ore, con l’ospedale di Gaza city bombardato proprio questa notte.