Subito all’inizio delle due Considerazioni finali il governatore Ignazio Visco ha parlato a lungo della sua Banca d’Italia come “di un’istituzione aperta al cambiamento” e ha diligentemente illustrato gli impatti dell’Unione bancaria su Via Nazionale, giunta al suo centoventesimo esercizio. Non è manca – in sintonia con i tempi – il dettaglio della “spending review” strutturale che proprio Visco ha accelerato, mano a mano che l’integrazione europea modifica e sposta funzioni di politica monetaria e creditizia. Ha colpito il tono sobrio, didascalico del governatore, che è parso peraltro il risultato di un attento equilibrio comunicativo. Da un lato il numero uno di Palazzo Koch ha richiamato il “rigore” cui l’Unione bancaria intende ispirare la nuova supervisione centralizzata presso la Bce e quindi la necessità, per le banche italiane, di nuovi salti di qualità (patrimoniali, gestionali, di governance). Ma Visco ha d’altro canto ribadito il ruolo “pieno” di Bankitalia come vigilante di tutto quanto fa Banca in Italia: e questo è sembrata la risposta indiretta alle voci che – non di rado – continuano a lamentare un basso profilo delle autorità monetarie italiane nel difendere il sistema ai difficili tavoli dell’armonizzazione regolamentare.
La nuova vigilanza “euro-italiana” – dunque – sarà somministrata alle banche italiane senza sconti ma anche senza severità gratuite: il filtro (poteri e tutele) sarà la Banca d’Italia stessa.
Una decina di pagine dopo le Considerazioni riannodano il filo del discorso più importante. Il tono è lo stesso: secco, senza indulgenze per le banche vigilate, ma anche senza la sottile e studiata insoddisfazione che Mario Draghi rivolgeva ai “suoi” banchieri ogni 31 maggio. “In Italia, più che in altri paesi, le banche svolgono un ruolo centrale nel finanziamento dell’economia. L’attività si concentra nella tradizionale intermediazione del risparmio, per lo più in ambito nazionale. Anche per questo motivo, esse hanno retto l’urto della fase iniziale della crisi, che ha avuto origine su mercati esteri e da prodotti finanziari speculativi. Negli anni più recenti, la prolungata recessione della nostra economia e la crisi del debito sovrano le hanno però duramente colpite”.
Difficile vergare una diagnosi più stringata e onesta: le banche italiane – nella “view” del governatore – non sono colpevoli, tanto meno imputate, tanto meno del credit crunch, principale capo d’accusa politico-mediatico. Questo premesso e ribadito – all’indomani di una consultazione elettorale in cui il Movimento 5 Stelle ha raggranellato il 20% anche sul populismo anti-bancario – il governatore Visco ha rinviato a casa i capi del sistema bancario italiano con una lunga lista di compiti. Niente “penitenze”, ma “cose da fare subito” sì, senza peraltro far mancare aiuti concreti oltre a un appoggio di fondo (le misure delineate per favorire la collateralizzazione dell’accesso dei finanziamenti presso la Bce, che giovedì deciderà a sua volta meccanismi innovativi per rilanciare il credito alle Pmi).
La prima pressione di “moral suasion” riguarda la necessità di rafforzare il sistema attraverso aggregazioni. L’obiettivo primario resta lo stesso: restituire ai gruppi elasticità di gestione, meno costi per più produttività, più ricavi e quindi utili “industriali” di nuovo importanti. Una nuova stagione di fusioni e acquisizioni può portare benefici su altri due terreni. Quella della modernizzazione delle strutture proprietarie, con l’apertura dei capitali a investitori istituzionali (sui mercati la voglia di “comprare Italia” si è riaccesa, ha notato con soddisfazione Visco). Nel contempo investitori “old” come le vaste comunità di piccoli soci delle Popolari e come le Fondazioni potranno diluirsi. Con due raccomandazioni forti: non impedire il rafforzamento patrimoniale di gruppi vecchi e nuovi, più in difficoltà (come Montepaschi o Carige) o più solidi, come ad esempio i due campioni nazionali Intesa Sanpaolo e UniCredit.
Tema speculare è quello della governance, troppo spesso alle cronache giudiziarie nell’ultimo anno e in particolare nelle ultime settimane. Ma neppure su questi versanti Visco ha ceduto alla tentazione di un aggettivo in più: salvo segnalare le “critiche aspre” ricevute dopo qualche sollecito a varare senza indugio aumenti di capitale (par di capire soprattutto da alcuni medi istituti del Nord).
Non era scontato: negli anni scorsi non erano mancati accenti preoccupati sul numero e sui compensi degli amministratori. Ma quest’anno Visco ha certamente voluto distinguere il suo ruolo (vigilare sulla sana e prudente gestione delle banche e spingere a far bene il loro lavoro di intermediarie verso l’economia) dal giudizio sui casi singoli: sulle responsabilità individuali che sono oggetto tipico dell’azione penale delle Procure e poi delle sentenze dei tribunali.