OLOCAUSTO/ La Memoria assoluta di Liliana Segre e la Storia relativa (anche di Israele)

- Stefano Bressani

Il richiamo di Liliana Segre al rischio d'oblio per l'Olocausto è più che comprensibile in un momento in cui il mondo torna a essere sconvolto dalla guerra

Liliana Segre Liliana Segre (LaPresse)

Caro direttore,
non si può non essere solidali con la senatrice Liliana Segre quando – alla vigilia della Giornata della Memoria 2023 – si dice preoccupata per un crescente rischio di oblìo per l’Olocausto. E nessuno può permettersi di rispondere – alla 92enne reduce da Auschwitz – che neppure la Shoah è immune dalla relatività storica.

Per chi, come lei, ha toccato con mano l’orrore assoluto e ha votato la sua vita perché una memoria terribile resti tale (cioè “mai più” ripetibile in futuro) nessuna giustificazione o rassegnazione sarà mai accettabile. La tragedia assoluta dell’Olocausto è stata l’esito di secoli e secoli di antisemitismo, ovunque: possono bastare a domarlo, ora, 78 anni di Memoria, per quanto unica come quella della senatrice Segre?

È peraltro comprensibile che la senatrice a vita si senta più preoccupata di quanto immaginasse o sperasse. L’antisemitismo, inevitabilmente, promette di attecchire meglio – e non peggio – nel mondo sconvolto dalla pandemia e ora dalla guerra (una guerra conflagrata in Ucraina, dove la Shoah ha trovato uno dei suoi teatri più spaventosi). Il pericolo che l’Olocausto si ritrovi intrappolato in un ennesimo “mondo di ieri” – assieme alla sua Memoria – è reale. Nel “mondo di oggi”, imprevedibile appena tre anni fa, molti antidoti all’antisemitismo sembrano perdere capacità di immunizzazione e contrasto.

Il 27 gennaio 2023, l’aggressione all’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin ha fra le sue molte eco il richiamo all’invito sinistro e grottesco che alcuni ebrei “liberati” ad Auschwitz si sentirono rivolgere dai soldati dell’Armata rossa: per i sopravvissuti al massacro era forse preferibile seguire la fuga delle truppe hitleriane verso ovest piuttosto che cercare e sperare ricovero a est, nei territori occupati dalla Russia staliniana. “Pogrom” è una parola russa: di uso più antico e consolidato delle tedesca “endlosung”.

In un “mondo di oggi” tumultuoso e ancora fatalmente informe la “nazione ebraica” – quella della diaspora, vittima dell’ “estremo sacrificio” a metà del secolo ventesimo – si ritrova a misurare la Memoria assoluta dell’Olocausto con lo “Stato ebraico”: nel suo “qui e ora”, nel primo quarto del secolo ventunesimo. Il ritorno nella “Terra dei padri” – in un nuovo Stato voluto dalle democrazie occidentali che avevano battuto la Germania nazista – ha rappresentato un primo tentativo concreto di rispondere al male assoluto: riconoscendo al popolo ebraico un “diritto storico” altrettanto assoluto. Un diritto che è stato meritato fino in fondo nel dopoguerra e giustamente a lungo difeso: da Israele e dai suoi alleati. Il Paese rimane oggi l’unico – nel Medio Oriente e forse nell’Oriente tout court – a essere divenuto adulto come compiuta democrazia di mercato. Una realtà “occidentale” d’avanguardia: certamente sul piano economico, fondato sulla knowledge scientifica e tecnologica.

Per questo alcuni interrogativi – “dell’oggi” – tendono a sorgere spontanei. Perché, mentre la Germania democratica è sotto pressione concentrica perché assuma una posizione “occidentale” definitiva e inequivocabile contro la Russia sul fronte ucraino, Israele continua a mantenersi in una neutralità di fatto? Perché non si schiera con chiarezza e decisione a fianco dell’Ucraina democratica, presieduta da un figlio della nazione ebraica come Volodymyr Zelensky? Perché Gerusalemme non rivede le relazioni militari di fatto stabilite con la Russia nei cieli siriani? Perché continua a muoversi lungo traiettorie commerciali autonome verso la Cina? Non da ultimo: perché ha richiamato (democraticamente) al governo un premier e una maggioranza che sostengono programmaticamente l’annessione dei territori palestinesi (secondo un piano “sovranista” condiviso con gli Usa di Donald Trump)? Ed è stato per motivi di “sicurezza nazionale” che Putin ha lanciato la sua “operazione militare speciale” contro Kiev: pretendendo l’annessione di Crimea e Donbass.

Il no all’antisemitismo – pronunciato ogni giorno da Liliana Segre – resta una categoria assoluta. Il tempo sembra invece rendere in qualche modo relative le testimonianze primarie a suo sostegno.

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