Oltreplastica, al via da domani la mostra sull'evoluzione della plastica e sul ruolo del design nel ripensare la materia
DAL 6 DICEMBRE 2025 LA MOSTRA “OLTREPLASTICA” A MILANO
Indagare la trasformazione in atto della plastica contemporanea e il ruolo del design nel ripensare la sua natura, la funzione e l’impatto ambientale: sono questi i presupposti della mostra “Oltreplastica”, che si tiene all’ADI Design Museum di Milano da sabato 6 dicembre 2025, fino al 15 gennaio prossimo, con il supporto di Eni, che è main partner del museo.
La mostra, curata da Frida Doveil, non è né una celebrazione della plastica né una condanna: si esplora la metamorfosi di questa materia, quindi come sta cambiando nei materiali, nei processi e nel significato culturale. Si tratta quindi di un’occasione per scoprire idee e processi che possono ridurne l’impatto, collegando l’arte a un progetto ambientale, perché il cambiamento richiede una collaborazione trasversale.
Questa iniziativa si lega a impegni internazionali, come la Osaka Blue Ocean Vision del G20, che sei anni fa ha lanciato la sfida per azzerare entro il 2050 la dispersione di rifiuti plastici nei mari, nella consapevolezza che si tratta di un problema che richiede interventi sistemici che coinvolgano industria, scienza e design.

Per la curatrice Doveil, “Oltreplastica” è molto più di una mostra: infatti, questo neologismo indica il cambiamento della plastica e un dato di fatto: questa materia è cambiata, quindi servono anche nuovi modi di nominarla, classificarla e utilizzarla. Da questo punto di vista, il design può essere un “vero volano culturale capace di favorire questa trasformazione”.
EVOLUZIONE DELLA PLASTICA TRAINATA DAL DESIGN
La mostra parte da una sezione storica, “La plastica degli inizi”, che richiama le origini della plastica e alcuni oggetti iconici premiati con il Compasso d’Oro (1954–2004), per mostrare come la plastica sia stata materia d’invenzione. Da lì si sviluppa una classificazione contemporanea in cinque profili di trasformazione e circolarità che descrivono “come” oggi si produce o rigenera la plastica, ponendo l’accento su prodotti, materiali e processi pionieri e mostrando quindi sperimentazioni reali e applicazioni concrete.

Realizzati con la piattaforma monomateriale O°.
Design e produzione, OXMAN, 2025.
Photo: OXMAN
Una premessa storica per arrivare alle cinque categorie di “plastiche contemporanee”: rivitalizzata, perché rinata dal riciclo chimico e meccanico; a massa bilanciata, prodotta usando materie prime alternative; bio-based, prodotta da fonti biologiche rinnovabili (materie prime non fossili); rigenerata, perché ottenuta da scarti e residui organici (uso di frazioni di scarto come materia prima); biofabbricata, creata con l’uso di organismi e cellule viventi (approcci biotecnologici).
La materia plastica, dunque, non è più inerte, ma è diventata un campo di relazioni tra tecnologia, biologia e progetto. A trainare questa evoluzione è il design, che va ben oltre l’estetica, generando valore sociale, ridisegnando standard estetici e trasformando scarti in bellezza e funzionalità.
IL NUOVO RUOLO DEL DESIGN SECONDO GALIMBERTI
Infatti, per Luciano Galimberti, presidente di ADI Design Museum, il progetto di design oggi deve porsi come risposta disciplinata ai bisogni sociali e collaborare con scienza e tecnologia per formulare nuove domande e soluzioni. Il design contemporaneo non può più essere un atto estetico o tecnico isolato, ma deve diventare una disciplina che legge i cambiamenti della società, porre nuove domande alla scienza e alla tecnologia e costruire soluzioni concrete che contribuiscano a migliorare il mondo in modo progressivo.

In altre parole, il design è parte integrante della transizione verso materiali a minore impatto. È in atto un processo inarrestabile, che si muove organicamente e rapidamente grazie a scienza, società e industria, andando oltre i materiali e coinvolgendo anche l’idea di contemporaneità. Progettare oggi è complicato sia per ciò che riguarda il ruolo del designer sia per il metodo con cui si progetta.
Infatti, il modernismo riteneva che il design potesse guidare il progresso in modo razionale, lineare, quasi “perfetto”. Ma ora è evidente che la realtà è più complessa: non basta immaginare una soluzione ideale e applicarla. Il design non deve creare un mondo ideale, ma deve aiutare a trasformare gradualmente la realtà in cui viviamo. Peraltro, ha valore solo se è inserito nella società reale: tiene conto delle persone, dei bisogni, dei cambiamenti, dei problemi ambientali, economici e culturali.
Per Galimberti, il design non è teoria astratta, ma diventa qualcosa di concreto: si manifesta nei prodotti, nei servizi, nei processi, nelle soluzioni che entrano realmente nella vita quotidiana. Ma non basta applicare la tecnologia: bisogna porre nuove domande, reindirizzare scienza e industria verso obiettivi che tengano conto del progresso sociale, non solo dell’efficienza o del profitto. E le soluzioni devono essere utili alla società: sostenibilità, inclusione, qualità della vita, responsabilità. Vivendo in un mondo che cambia velocemente, il design deve essere capace di interpretare questo movimento e agire di conseguenza.
