Omicidio Marta Russo oggi a Darklines, perché si è parlato di riapertura del caso negli ultimi anni: dalla perizia sbagliata all'ammissione di un testimone

MARTA RUSSO, IL DIBATTITO SULLA RIAPERTURA DEL CASO

Negli ultimi anni si è parlato ciclicamente di un’eventuale riapertura del caso Marta Russo, ma in realtà si è sempre trattato di auspici più che di possibilità concrete che ciò avvenisse. Nel 2020, ad esempio, a chiedere una revisione del processo che portò alla condanna di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro fu il giornalista Riccardo Luna, dopo aver ascoltato il podcast realizzato da Chiara Lalli e Cecilia Sala per HuffPost.



Marta Russo (Foto: screen Youtube)

Le due colleghe, infatti, evidenziarono diverse incongruenze nelle indagini e in merito al processo per l’omicidio della studentessa di Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, di cui si parla oggi a Darklines. Quel caso, sebbene chiuso, ha lasciato in sospeso domande e dubbi non solo sulle responsabilità dei due condannati, ma anche sui metodi investigativi.



STORIA DI UN “GRANDE ABBAGLIO”?

In particolare, Luna, su Repubblica, evidenziò le dichiarazioni di un soggetto anonimo che ammise di aver dichiarato il falso ai magistrati, smontando la versione di una testimone chiave, Chiara Lipari. Inoltre, si contestava la perizia che aveva stabilito che c’era polvere da sparo sul davanzale dell’aula da cui sarebbe partito il colpo fatale per Marta Russo.

Luna aprì alla possibilità di “un grande abbaglio“, frutto dell’innamoramento da parte degli inquirenti di una tesi. Il giornalista chiedeva la ripetizione della perizia con le nuove tecnologie e di risentire quel testimone, che non correrebbe più il rischio di essere perseguito per falsa testimonianza, per capire se vi fossero i margini per la riapertura del caso. Ma la richiesta deve partire dai condannati o dagli eredi; inoltre, deve poi superare il vaglio dell’ammissibilità.



LE DOMANDE DI CHIARA LALLI

Proprio Chiara Lalli, in un articolo su Il Dubbio, pubblicato nel novembre scorso, commentando un’intervista del magistrato Giancarlo De Cataldo, ha riportato a galla la questione. La giornalista espresse l’augurio che si riconsideri quel caso, confidando che vorrebbe chiedergli se possa essere plausibile fondare la condanna sulla testimonianza di una persona che per oltre un mese aveva fornito un’altra versione.

Pur consapevole che sarebbe complicato riaprire il caso, evidenziava che solo la testimonianza di Gabriella Alletto giustificava la condanna dei due imputati, nient’altro, perché la perizia fu appunto “sbagliata”. «Una testimonianza contraddittoria può davvero bastare?», si chiedeva Lalli.