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Home » Cronaca » Ospedali in crisi: difficoltà per esami e visite/ Covid-19 “allunga” tempi di attesa

  • Cronaca

Ospedali in crisi: difficoltà per esami e visite/ Covid-19 “allunga” tempi di attesa

Claudio Franceschini
Pubblicato 28 Maggio 2020
Coronavirus Cina origini Pittsburgh

Laboratorio di Wuhan Lapresse

Ospedali ancora sotto stress: un'indagine condotta da Fondazione The Bridge ha rivelato numeri preoccupanti riguardo la gestione delle visite e i tempi di attesa che sono ancora lunghi

Un’indagine della Fondazione The Bridge, riportata da Il Sole 24 Ore, rivela come ancora oggi il sistema sanitario non sia a pieno regime e sotto stress: sono gli effetti del Coronavirus, che magari non saranno esattamente come a marzo o aprile – strutture sature e materiale indispensabile difficilmente reperibile – ma secondo questo studio si stanno ancora facendo sentire. Il 55% di chi presenta patologie croniche, riporta The Bridge, ha avuto difficoltà ad essere ammesso ad accertamenti ed esami mentre un altro 65% ha dichiarato che le procedure e i tempi di attesa sono stati più lungo. Non solo: si legge anche che soltanto nei reparti di oncologia ci sono 4 milioni di prestazioni arretrate da erogare. Rosaria Iardino è la presidente della Fondazione che ha condotto la ricerca, e anche membro del CdA dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: ha spiegato quale sia il problema attuale.


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“In molti ospedali sono stati chiusi interi reparti per dirottare il personale nei reparti Covid” ha detto la Iardino, ed effettivamente questa è stata una realtà concreta alla quale abbiamo assistito subito, perché praticamente tutti gli sforzi delle strutture erano concentrati nel gestire l’incredibile afflusso di persone che si presentavano con sintomi da Coronavirus. Durante il lockdown inoltre, come ha riferito la presidente di The Bridge, sono state vietate le prestazioni private “per evitare che si creassero situazioni di disuguaglianza tra chi poteva permettersi le cure e chi no”. La Iardino ha tenuto a sottolineare come in molti casi siano stati gli stessi pazienti a rinunciare alle terapie ospedaliere: tra questi anche i malati cronici, era troppo forte la paura di contrarre il virus che, anche avendo potuto, alcune persone hanno evitato.


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OSPEDALI ANCORA SOTTO STRESS

Per esempio, per questa paura la mortalità tra i cardiopatici durante il lockdown è aumentata del 20%; in più i pazienti con artrite reumatoide sono dovuti andare incontro a una doppia discriminazione perché “le loro prestazioni sono state spostate o annullate e il farmaco che erano abituati ad assumere è diventato irreperibile, perché usato anche per il Covid”. Per questo motivo ovviamente hanno dovuto interrompere il trattamento. La Fondazione ha anche svolto un test con questionari, raccogliendo 2600 opinioni tra 1 e 5 aprile: ne esce un dato che ci dice come chi è entrato in contatto il Coronavirus abbia preferito il medico di famiglia piuttosto che i contatti forniti a livello nazionale, e chi ha scelto questa seconda via ha poi dato un giudizio negativo nel 44% dei casi. I pienamente soddisfatti, per contro, sono solo il 14% degli intervistati.


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Infine, va segnalato che a volte i malati di Coronavirus sono stati lasciati soli, o comunque sono stati poco seguiti: l’indagine della Fondazione The Bridge riferisce infatti che il 49% di loro non ha ricevuto alcuna indicazione su quali fossero le procedure da seguire, e solo il 5% ha osservato uno stretto e rigoroso regime di quarantena. Ci sono chiaramente anche le persone che sono state messe in quarantena obbligatoria, perché risultate positive o perché entrate a contatto con contagiati: chi abbia dovuto subire un isolamento “forzato” è stato controllato nell’aderenza a questo regime soltanto in un misero 1% sui casi totali.


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