Sentenza storia a Bari: padre non riconosce il figlio e viene condannato a pagare un risarcimento per averlo privato della figura paterna

Quella pronunciata dalla Corte d’Appello di Bari è una sentenza particolarmente importante perché per la prima volta è stato accertato che anche se il padre non riconosce il figlio per un legittimo dubbio sulla paternità, è costretto a farsi carico del suo sostentamento qualora – soprattutto – non si premuri di sciogliere il dubbio e decida semplicemente di disinteressarsi al bisogno del piccolo di avere al suo fianco una figura paterna.



Il caso di Bari – si sarà capito – è piuttosto complesso e per comprenderlo meglio occorre fare un passo indietro a parecchi anni fa: l’uomo in questione, infatti, nutriva da tempo una relazione con una donna che decise di interrompere nel momento in cui, appresa la gravidanza, scoprì anche che quest’ultima da tempo frequentava un secondo uomo; con una decisione mossa dal dubbio di non essere il padre del futuro nascituro.



La questione è rimasta, così, a lungo ignorata fino al momento in cui il bimbo – ormai 14enne – ha scoperto che l’uomo che considerata suo padre (ovvero la seconda frequentazione della madre) in realtà lo era solo dal punto di vista adottivo: superati i 18 anni, la madre e il figlio hanno deciso di trascinare il padre biologico davanti alla Corte di Bari chiedendo un risarcimento per le spese sostenute per la crescita del ragazzo e uno per i danni morali arrecati.

La sentenza di Bari: “Il padre si sarebbe dovuto premurare di sciogliere i dubbi sulla paternità”

In primo grado, la Corte di Bari – dopo aver accertato la paternità dell’uomo – respinse la prima delle due richieste in quanto il pagamento delle spese era stato effettuato in parte anche del nuovo compagno della madre e dai nonni; mentre sui danni morali diede parzialmente ragione ai ricorrenti, riconoscendo il risarcimento – tuttavia – solo limitatamente agli anni tra i 14 e i 18 del figlio, ovvero dal momento in cui vi fu la scoperta sul padre fino (ovviamente) alla maggiore età.



Palazzo di Giustizia a Milano (ANSA)

Il caso, però, è stato potato davanti al Tribunale d’Appello di Bari che ha parzialmente la prima pronuncia: secondo i giudici di secondo grado, infatti, sarebbe stata coerente la decisione dei colleghi sul risarcimento per le spese sostenute, ma non quella relativa al cosiddetto “danno da deprivazione genitoriale” che andrebbe – a loro avviso – calcolato fin dal momento del concepimento.

Secondo i giudici di Bari, infatti, l’uomo si sarebbe dovuto premurare di sciogliere i suoi (comunque legittimi) dubbi sulla paternità del neonato: non avendolo fatto, non avrebbe rispettato i dovuti obblighi genitoriali e proprio per questa ragione – secondo la Corte d’Appello – è tenuto a pagare il risarcimento per i danni morali e relazionali del figlio fin dal primo anno e limitatamente al compimento della maggiore età.