Paolo Landi, scrittore e analista, in una intervista a La Verità, ha parlato di come il web ha cambiato la società. “Far sembrare le nostre vite in un certo modo anche se non sono in quel modo è uno dei dogmi dell’era digitale. Noi siamo le persone reali e poi siamo quelli che ci rappresentiamo sui social. Non sempre queste due persone coincidono, ma i social sono così pervasivi che l’autorappresentazione virtuale vince su ciò che siamo realmente”, ha sottolineato.
È una illusione che, secondo l’esperto, inganna anche se stessi. “Come in Truman show la realtà parallela diventa la realtà vera. Nell’era analogica era più facile capire chi deteneva il potere, oggi è più difficile perché è un potere quasi astratto e tanto raffinato da farci credere di esser noi a comandare e a determinare le sorti della vita e del mondo. In realtà, continuiamo a essere strumenti”. Il capitalismo industriale di Karl Marx è divenuto capitalismo digitale. Landi in tal senso usa parole forti. “È un cerchio perfetto: dallo sfruttato che sapeva di esserlo perché conosceva il padrone allo sfruttato di oggi che crede di essere lui il padrone”.
Paolo Landi: “Scala sociale ridisegnata coi social”. Il fenomeno
Anche il mondo del lavoro sta subendo dei cambiamenti con l’avvento dell’era digitale. Lo spopolare degli influencer è soltanto l’effetto più palese del fenomeno. “Gli italiani non vogliono più fare determinati lavori perché si sentono almeno potenzialmente ricchi. I criteri che prima stabilivano il censo, sui social sfumano fino a sparire. Il parrucchiere e l’avvocato, la dogsitter e il funzionario di banca sembrano uguali e la scala sociale si ridisegna. La Silicon Valley ci ha abituato a pensare la ricchezza come frutto di un’idea. Il sistema basato su sacrificio e costruzione quotidiana è obsoleto”, ha sottolineato Paolo Landi.
Ad avere la peggio, tuttavia, saranno sempre i meno fortunati. “Purtroppo, l’economia che ci aspetta emarginerà ancora di più i poveri. Adesso ricchezza virtuale e povertà reale convivono perché siamo in una fase di passaggio tra fabbrica fordista e mondo digitale”, ha concluso.