Il Papa invita a costruire pace nei "deserti" del mondo, seguendo l'esempio dei martiri d'Algeria e del dialogo.

Nel messaggio al vescovo di Rimini per la 46ª edizione del Meeting dell’amicizia tra i popoli di Rimini, a firma del cardinale Parolin, Leone XIV scrive che: «Non possiamo più permetterci di resistere al Regno di Dio, che è un Regno di pace. E là dove i responsabili delle istituzioni statali e internazionali sembrano non riuscire a far prevalere il diritto, la mediazione e il dialogo, le comunità religiose e la società civile devono osare la profezia».



Il senso è chiaro: di fronte a un mondo in guerra, segnato, come affermava papa Francesco, da forti polarizzazioni e contrapposizioni, il cristiano non può essere il conformista, il mero portavoce dei poteri costituiti. Non può essere parte della lotta e della contesa che dilaniano la terra. La sua voce ha valore solo se è “profetica”, grido di pace, lotta contro la distruzione.



«Senza le vittime della storia, senza gli affamati e gli assetati di giustizia, senza gli operatori di pace, senza le vedove e gli orfani, senza i giovani e gli anziani, senza i migranti e i rifugiati, senza il grido di tutta la creazione non avremo mattoni nuovi. Continueremo a inseguire il sogno delirante di Babele, illudendoci che toccare il cielo e farsi un nome sia il solo modo umano di abitare la terra».

Il riferimento ai mattoni è desunto dal titolo del Meeting: «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi». Per il Papa: «I deserti sono in genere luoghi scartati e ritenuti inadatti alla vita. Eppure, là dove sembra che nulla possa nascere, la Sacra Scrittura continuamente ritorna a narrare i passaggi di Dio. Nel deserto, anzitutto, nasce il suo popolo».



Si tratta di un passo fondamentale. L’oggi del mondo è caratterizzato da guerre che fanno il deserto: le città ucraine rase al suolo, le città di Gaza sempre più simili a Hiroshima. Là dove sorgeva la vita ora si stende un desolato panorama di morte e di distruzione. Leone XIV invita il popolo del Meeting a farsi promotore di pace in un mondo che corre verso il baratro, ad alimentare una voce dissonante, a resistere alla manipolazione dei media che orientano verso il conflitto.

Papa Leone XIV in Udienza Generale (ANSA 2025, Angelo Carconi)

Tra i tanti eventi del Meeting il Papa ne indica uno, fondamentale dal suo punto di vista: la mostra “Chiamati due volte. I martiri d’Algeria”, promossa dalla Fondazione Oasis e dalla Libreria Editrice Vaticana. I curatori sono Alessandro Banfi, Michele Brignone, Martino Diez, Lorenzo Fazzini, Claudio Fontana, Chiara Pellegrino. La mostra rende omaggio ai 19 martiri algerini uccisi in attentati terroristici nel cosiddetto “decennio nero” del Paese (1992-2002) e diffonde la conoscenza del loro sacrificio.

“Chiamati due volte” perché la loro fedeltà alla chiamata di Gesù Cristo attraverso la vocazione si è incarnata in una fedeltà al popolo algerino, vittima anch’esso della violenza e dell’odio, attraverso il dialogo con persone musulmane con cui «hanno fatto corpo», come ha detto il postulatore della causa di beatificazione, il trappista Thomas Georgeon.

Nel percorso si racconta della loro fede, che li ha portati a scegliere di rimanere nel Paese nonostante le minacce, e del loro impegno umano per il dialogo e la pace, offrendo un messaggio universale di speranza e riconciliazione. I 19 sono stati beatificati in una cerimonia nella cattedrale di Orano l’8 dicembre 2018.

Su quel periodo è stato realizzato il film francese Uomini di Dio (2010), che ha reso celebre in tutto il mondo la vicenda dei monaci di Tibhirine. Nella lettera di Leone XIV al Meeting viene ricordato che: «Il Santo Padre ha apprezzato che una delle mostre caratterizzanti il Meeting di quest’anno sia dedicata alla testimonianza dei martiri di Algeria. In essi risplende la vocazione della Chiesa ad abitare il deserto in profonda comunione con l’intera umanità, superando i muri di diffidenza che contrappongono le religioni e le culture, nell’imitazione integrale del movimento di incarnazione e di donazione del Figlio di Dio.

È questa via di presenza e di semplicità, di conoscenza e di “dialogo della vita” la vera strada della missione. Non un’autoesibizione, nella contrapposizione delle identità, ma il dono di sé fino al martirio di chi adora giorno e notte, nella gioia e fra le tribolazioni, Gesù solo come Signore».

Abitare il deserto in profonda comunione con l’intera umanità: questa è l’indicazione che il Papa offre al Meeting 2025. Il deserto è il mondo in guerra con le sue devastazioni, fisiche e spirituali. Nel deserto, là dove la potenza di Babele risulta infranta, può tornare a fiorire la grazia di Dio. Torna là dove, nella distruzione, torna a battere il cuore della riconciliazione, la fraternità di Dio più forte di ogni inimicizia e di ogni potere.