La pace di Papa Leone XIV, il dramma delle macerie a Gaza (con la speranza di Cristo) e l'abbraccio tra la CEI e la comunità ebraica a Bologna
L’APPELLO “OLTRE” LE FEDI DI PAPA LEONE XIV: LA GUERRA VA FERMATA IN NOME DELLA FRATERNITÀ
La pace è qualcosa che trascende le religioni, le fedi personali e le convinzioni anche ideologiche: ma non è un caso che provenga, l’ennesimo appello udito in questi giorni di devastazione e tensioni internazionali, dal rappresentante di Cristo in Terra. Papa Leone XIV nel suo ritorno in Vaticano dopo il breve ritiro estivo a Castel Gandolfo ha voluto sottolineare come la via della pace sia perseguibile solo con la logica del perdono e con la testimonianza di fraternità.
È proprio perché siamo tutti fratelli e figli di Dio (come insegna Gesù nei Vangeli, ndr) che ogni guerra e violenza è un atto contro la natura umana: questo Papa Leone XIV non smette mai di ripeterlo, di farlo presente, a maggior ragione davanti agli orrore in aumento nel mondo.
Con il traffico delle armi, spiega il Santo Padre fuori da Castel Gandolfo prima di lasciare il ritiro, le persone purtroppo diventano solo strumenti senza alcun valore: ebbene su questo occorre tutti insistere affinché si riconosca come la dignità di ogni essere umano è l’unico vero valore, «in quanto figli di Dio siamo creati a Sua immagine» e dunque tutti fratelli, che siano cristiani, ebrei, musulmani o di qualsiasi altra convinzione e/o fede.
Facendo attenzione a non scambiare questa dichiarazione come un inno al “sincretismo” o al “relativismo” – il Papa parla da Capo della Chiesa Cattolica e non fa che riportare il messaggio cristiano di pace e fratellanza umana – l’invito della Chiesa con Papa Leone XIV segue il grande sforzo della diplomazia cristiana in queste settimane così complicate.

Come raccontava un anno fa nell’intervista ad Antonio Spadaro (pubblicata oggi da “La Stampa”) l’allora cardinale Prevost, la Chiesa non cambia mai da un giorno all’altro «ma ha una magnifica speranza di riunire persone per la sua missione». Una missione di pace, di speranza che va ben oltre la “mera” visita che il Santo Padre potrebbe fare nelle prossime settimane a Gaza: «andare non è necessariamente la formula per trovare una risposta», confida Papa Prevost ai media in Vaticano, confermando come la sua voce assiema a tutto il Corpo Diplomatico della Santa Sede non smetterà mai di promuovere e invocare la pace.
LE MACERIE DI GAZA, LA CONDANNA E L’ABBRACCIO: COME SI MUOVE LA CHIESA DAVANTI AGLI ORRORI NELLA STRISCIA
In un passaggio della conferenza stampa ieri a Gerusalemme, di ritorno dalla missione nella Striscia di Gaza assieme al fratello Patriarca ortodosso Teofilo III, il cardinale Pierbattista Pizzaballa ha voluto esplicitare tanto il senso di orrore per quanto visto nella popolazione palestinese colpita dai raid, dalle bombe e dalla mancanza di cibo, quanto la resistenza di una piccola ma persistente speranza fondata sulle logiche di perdono e fratellanza ricordate ancora oggi da Papa Leone XIV.

«Cristo non è vero che è assente a Gaza», chiarisce il Patriarca latino di Gerusalemme, riflettendo sul fatto che il Signore è esattamente lì, «crocifisso nei feriti, sepolto sotto le macerie», è presente laddove vi rimane un gesto di misericordia, di consolazione e luce in mezzo al buio. Così Pizzaballa, ancora ferito e colpito nell’animo per quanto visto nel disastro della Striscia: «La comunità internazionale forse li ha abbandonati, ma la Chiesa no», ribadiscono assieme i due Patriarchi delle Chiese in Medio Oriente.
Nelle stesse ore il Presidente della CEI, il Card. Matteo Maria Zuppi, si è recato dal presidente della Comunità Ebraica di Bologna per dirimere un unico appello di pace davanti agli orrori della guerra tra Israele e Hamas (con l’Iran): secondo l’arcivescovo bolognese, le armi devono tacere all’istante, così come le operazioni militari a Gaza o i missili di Hamas verso lo Stato ebraico.
L’invito ad aprire aiuti e corridoi umanitari viene ripreso dal vertice della Chiesa Italiana, abbracciando il presidente Daniele De Paz e inviando la fine dell’occupazione in Palestina a Cisgiordania, usando la logica del dialogo. Davanti ad una violenza così inaudita per unìumanità sempre più ferita, l’invito della CEI è quello di riunire gli sforzi per credere nella pace, condannando ogni atto contro i civili inermi ma evitando anche il rigurgito di antisemitismo, islamofobia o cristianofobia: «Il dolore non provochi altro dolore. Dialogo non è debolezza, ma forza», conclude Zuppi nella nota congiunta.

