Secondo l’ex Presidente del Senato Marcello Pera, la crisi che attanaglia il mondo della giustizia negli ultimi mesi – da Palamara alle nomine in Procura, dalla Loggia Ungheria al Davigo-gate – non è risolvibile in breve e necessita di una modifica alla Costituzione e di riforme urgenti e più “coraggiose” di quelle finora prospettate sul futuro del Csm e dei processi. «Sono amareggiato, certo. Il male nella magistratura, però, è così profondo e diffuso che è difficile nasconderlo. Vengono al pettine nodi di carattere comportamentale, ma anche normativo e costituzionale. Una giustizia simile non può reggere», spiega l’ex Forza Italia intervistato da Libero Quotidiano proprio sulla crisi della giustizia.
Per riformarla però occorre partire da quell’organo di “auto-governo”, il Csm, che con il presunto scandalo “Ungheria” potrebbe ricevere una definitiva “spallata”: «non so se sia possibile scioglierlo, come propongono alcuni. Di certo dovrebbe essere riformato in profondità, iniziando dal modo in cui è stato disegnato nella Costituzione. Limitarsi a cambiare il sistema elettorale con cui sono scelti i suoi membri servirebbe solo a peggiorare le cose».
LA GIUSTIZIA IN CRISI E LE RIFORME NECESSARIE
La riforma Bonafede prevede il sorseggio dei membri del Csm e pure con la Ministra Cartabia («spero che mi smentisca ma dalla Cartabia mi aspetto riforme di piccolo calibro») la speranza di risolvere il “vulnus” manca in Pera: «Si immagina cosa succederebbe a sorteggiare i membri delle commissioni del Csm? Le raccomandazioni, i ricorsi, le connivenze tra colleghi… tutti i fenomeni che vediamo ora accadrebbero lo stesso. La questione è molto più complicata e riguarda struttura, concetto e natura del Csm». Ma se non è il Csm che dovrà occuparsi di “vigilare” sulle attività di pm e procuratori, per Marcello Pera la soluzione è semplicemente quella di “copiare” quanto avviene già in larga parte nell’Unione Europea: «Sugli inquirenti, nessun dubbio: deve giudicarli il potere esecutivo. Per il semplice fatto che sono espressione del potere esecutivo, cioè esercitano l’azione penale in nome dello Stato, che deve avere il diritto di controllare se la esercitano bene oppure no. Quindi la prima cosa da fare è separare le carriere e portare i pubblici ministeri sotto l’ambito della politica. Come avviene in tutta Europa». Durissimo, infine, il passaggio di Pera sull’opera effettiva dei magistrati giudicanti: «Oggi nel Csm accade la cosa peggiore: i pubblici ministeri giudicano i giudici e quindi li addomesticano, perché il giudice che vuole fare carriera ha bisogno dell’aiuto del pm. Ciò è aberrante. Ed è un altro motivo per separare le carriere e ricongegnare il Csm: se questo deve avere ancora un senso, è per i giudicanti, non per gli inquirenti. Mattarella ha ragione nel dire che non è suo compito specifico entrare nel merito delle cose che sono successe. Però c’è un’opinione pubblica che si aspetta da lui delle parole. Siamo frastornati, allibiti, insicuri. Non crediamo più nella magistratura. Mattarella dovrebbe dare risposte. Tocca fare capire agli italiani che qualcuno si sta prendendo cura di questo grave bubbone. Magari il presidente del Consiglio, meglio ancora il presidente della Repubblica».