La brillante carriera di Peter Gomez parla da sé, ma il giornalista ha avuto modo di raccontarla nel corso di una intervista a L’Arena: dagli inizi all’Istituto Carlo De Martino per la formazione al giornalismo fino all’esperienza attuale a capo de Il fatto quotidiano, senza tralasciare i trascorsi al fianco di Indro Montanelli e le parentesi con Marco Travaglio.
La penna, ad ogni modo, ha iniziato presto a muoversi. “Ero al terzo anno di giurisprudenza alla Cattolica di Milano. Mandavo lettere d’amore a Laura. Mi rispose: «Scrivi bene. Perché non fai il giornalista?». Così accettai di iscrivermi alla scuola che aveva appena aperto”. Suo padre Filippo Gomez Homen lavorava in una agenzia pubblicitaria e conosceva molti nomi autorevoli in quel settore. Lui, però, preferì iniziare dal basso. “Arrivai all’Arena per uno stage non pagato. La scelta fu mia. Gli altri puntavano ad andare nelle grandi redazioni. Pensai: in un piccolo giornale mi faranno lavorare sodo, quindi apprenderò di più”. E così fu. Terminata l’esperienza, nel 1986, approdò a Il Giornale grazie a Indro Montanelli. Lì arrivò anche la prima gaffe. “Incendio allo Skorpion center, una sauna appena dietro il Duomo. Evacuato il cinema sottostante. Andai. Né morti né feriti, solo danni. Quindi niente ribattuta. L’indomani tutti i giornali milanesi avevano la notizia in prima pagina. Il capocronista Ettore Botti per punizione mi tolse la firma”.
Peter Gomez: “Al Giornale grazie a Montanelli”. Poi la presa di distanza da Travaglio
Dopo l’esperienza a Il Giornale, Peter Gomez viene trascinato a La Voce da Indro Montanelli: “Io, Travaglio e altri otto eravamo già nella lista di quelli che avrebbe voluto con sé in un settimanale”. Una parentesi, tuttavia, che si rivelò fallimentare. Nel 2009, poi, la svolta: è tra i fondatori de Il fatto quotidiano, di cui è adesso direttore nella versione digitale.
Nel 2013 avrebbe potuto anche ottenere la direzione del cartaceo, ma ciò non avvenne per un motivo ben preciso. “Il direttore Antonio Padellaro offrì la condirezione a Travaglio e a me, ma questo avrebbe significato trasferirmi da Milano a Roma. Rinunciai”. Proprio Marco Travaglio divenne allora direttore. “Ha una capacità di lavoro mai vista in vita mia. Alle 4 del mattino è ancora lì che scrive”. Un difetto, però, ce l’ha: “Non dimentica mai. Ricorda le scortesie di 20 anni fa. Io no. Se perdoni, vivi meglio”.