Secondo il commissario straordinario di Banca Carige, Pietro Modiano, il coronavirus non solo ha “svegliato” il mondo delle banche ma anche reso debole e improvvisamente pieno di difetti il “turbocapitalismo”: nella lunga intervista al Fatto Quotidiano, Modiano parte dal mercato per finire al merito lanciando diverse frecciate all’attuale mondo della finanza mondiale. «Il mercato non è Dio, come si pensava, e dovrà vedersela con lo Stato. Il Covid ha ammaccato il turbo capitalismo. E per me è una buona notizia», spiega l’ex direttore generale di Intesa San Paolo, consapevole del mantra “Milano non si ferma” dei primi giorni di emergenza Covid che oggi però ribalterebbe completamente. «L’idea sbagliata ma consacrata nei sacri testi del “turbocapitalismo” di una ascesa senza limiti, senza correzioni, senza condizioni», spiega ancora Modiano nell’illustrare tutti gli effetti “positivi”, paradossalmente, che il Covid avrebbe avuto in questa crisi. «Ha disvelato la fragilità della convinzione posta a premessa: la certezza che il mercato – grazie anche alla crisi dei titoli sovrani del 2011 – fosse l’unico altare al quale inginocchiarsi. E le sue regole fossero così perfette che niente poteva ingiuriarlo. Mercato uguale Dio».
IL “BLUFF” DELLA MERITOCRAZIA
Secondo il lombardissimo Pietro Modiano, la finanza e le banche nei prossimi mesi dovranno ripartire non legando più solo sull’esperienza dei privati ma abbracciando la “garanzia” dello Stato: «ora siamo a dire che la crescita economica deve essere sostenibile con l’ambiente e che alcuni compiti non possono essere delegati ai privati ma garantiti dal pubblico». Per il banchiere “curatore” di Carige, lo Stato deve essere un competitor «e non una macchietta»: capitolo finale dell’intervista di Caporale a Modiano riguarda il “mantra” della meritocrazia in finanza e in generale per l’intera società. Qui Modiano fa autocritica: «bisogna cambiare la professione di fede assoluta nella meritocrazia. Le società più ferme, dove l’ascensore sociale è bloccato al pian terreno, sono le britanniche e le statunitensi perché la diseguaglianza tra le classi sociali lì è più evi- dente. E perciò il merito, tra diseguali, avvantaggia spesso chi ne ha di meno. Dobbiamo spiegarlo una buona volta».