Il vicepresidente CSM Fabio Pinelli a magistrati e politica: “indipendenza e salto culturale. Toghe al servizio dello Stato, non sono autorità morali”

IL “SALTO” CULTURALE DELLA GIUSTIZIA VERSO UN DIRITTO PIÙ “VERO”: IL MONITO DEL VICEPRESIDENTE CSM

Dal presente e futuro della giustizia al consiglio-monito per le toghe di non sentirsi delle “autorità morali”, fino all’invocazione di una maggiore autonomia per evitare “condizionamenti” esterni: questi punti chiave esposti dal vicepresidente del CSM Fabio Pinelli, avvocato (nominato dal Governo Meloni come n.2 del Presidente Mattarella), nel suo “sogno” relativo ai necessari cambiamenti che deve improntare la giustizia in Italia.



Intervistato da “La Stampa” dopo mesi di forte tensione tra giudici e Governo (e non solo), il vicepresidente del Consiglio Superiore di Magistratura inquadra il percorso da intraprendere per recuperare un ruolo del diritto nella società moderna. Il “consiglio” di PInelli è di imboccare un nuovo sforzo culturale, un salto per promuovere un pensiero non banale sul futuro della giustizia: «le comunità segue nuove direzioni e questo ha una ricaduta sulla giurisdizione».



Per evitare il rischio di lasciare come “mera teoria” l’impulso di generare uno slancio culturale nel mondo della cultura, il n.2 del CSM sottolinea diversi casi, dalle attività medico-sanitarie a quelle sulle materie ambientali, così come il rapporto tra libertà d’espressione e dignità: serve sempre più chiedersi e interrogarsi come potersi comportare e quali sbocchi può avere il diritto davanti ad una società che cambia assieme alle proprie professioni.

Avere ad esempio un Fondo come in UK che supporti la condivisione del rischio tra i vari medici per finanziare i vari risarcimenti danni a cui sempre più spesso vengono condannati gli addetti sanitari: oppure, come ricorda sempre Pinelli, serve un maggiore equilibrio tra il diritto di libero pensiero e quello di un contesto professionale che protegga il lavoratore.



FABIO PINELLI E IL CONSIGLIO AI GIOVANI MAGISTRATI: “NON FATE COME A TANGENTOPOLI, NON SIETE AUTORITÀ MORALI”

Secondo il vicepresidente del CSM il tema chiave per la “nuova” giustizia che può essere creata nei prossimi 5-10 anni riguarda la dignità umana e la libertà effettiva: «quando il riconoscimento sociale è distrutto, la dignità ne esce compromessa». Nel merito delle idee e proposte per migliorare il diritto italiano, Pinelli ricorda la necessità sempre più urgente di una maggiore indipendenza e autonomia dei magistrati non tanto da condizionamenti politici (o meglio, non solo) ma da influenze del mondo esterno.

Oltre infatti a ribadire la necessità del principio liberale di separazione dei poteri, il n.2 del Consiglio Superiore di Magistratura chiede con forza un’indipendenza che protegga le toghe da il «soggettivismo giudiziario», ovvero la tendenza personale del singolo giudice che rischia di influenzare le sue decisioni. Vincere un concorso non dà automaticamente la capacità di coltivare la cultura del dubbio, o il resistere da “influenze esterne”, così come l’imparzialità di decidere anche oltre le proprie propensioni culturali-politiche.

Secondo PInelli l’imparzialità si deve unire con la sensibilità del singolo magistrato, tenendo però fede ad un principio tutt’altro che marginale visto l’andazzo preso dalla giustizia in Italia durante e dopo l’epoca di Tangentopoli: secondo l’avvocato n.2 del CSM, quanto avvenuto con gli scandali giudiziari di inizio anni Novanta, si è fatto un errore «terribile» con conseguenze a strascico fino ad oggi. Serve infatti ricordare, come dice di fare lo stesso Pinelli insegnando alle giovani toghe, che i giudici non sono e non dovranno mai essere «autorità morali».

Sebbene abbiano un valore sociale determinante, i magistrati non deve avere in “delega” l’insieme di tutti i poteri: devono saper giudicare i reati senza sentirsi investiti di ruoli “extra diritto”: la società civile, intima il vicepresidente CSM, si è troppo spesso affidata ai magistrati per “proteggere” lo Stato anche da un punto di vista etico-morale, mentre l’unico elemento chiave resta l’accertare le responsabilità individuali, civili o penali.