«Il nostro Liceo discrimina uno studente trans»: è pesante l’accusa formulata dai rappresentanti degli studenti del Liceo Dini di Pisa, che trova l’immediata pacata “difesa” della preside Adriana Piccigallo, «Una situazione che per la nostra scuola è nuova». Prima degli esecrabili “schieramenti” da “tifosi”, occorre fare ordine sui fatti: le associazioni studentesche, che dal 16 novembre scorso occupano la scuola in protesta contro un «sistema scolastico italiano che cade a pezzi», lamentano la situazione particolare di un loro compagno in pieno percorso per la transizione di genere.
«Serve una scuola più inclusiva», lamentano gli studenti in un comunicato pubblico, «Ce ne siamo resi conto quando è stata negata l’attivazione di una carriera alias a un ragazzo transessuale (la carriera alias è un progetto che prevede un profilo burocratico alternativo e temporaneo, a sostegno delle studentesse e degli studenti transgender, che permette di sostituire il nome anagrafico con quello nuovo) che non si sentiva totalmente accettato e rispettato dai docenti». L’accusa lanciata dai ragazzi è contro la dirigente, la quale avrebbe detto loro che la scuola «non era pronta» e che il progetto avrebbe potuto «turbare la sensibilità di un gruppo di docenti». La versione degli studenti è netta, si dicono insicuri sul fatto che «la carriera alias verrà avviata o meno e anche in caso positivo sicuramente la vicenda andrà molto per le lunghe, assecondando una forte ingiustizia ed evitando di mettere subito fine a questo disagio».
LO SFOGO DELLO STUDENTE TRANS A PISA
La posizione del Liceo Dini di Pisa prende però le distanze dalle ricostruzioni e rimostranze degli studenti: contattata dal “Corriere della Sera», la dirigente scolastica sottolinea «quando la famiglia ha avanzato la richiesta della carriera alias, ho sentito l’esigenza di raccogliere informazioni, anche di tipo organizzativo, di fronte a una situazione che per la nostra scuola è nuova». La preside ha poi informato il Consiglio di Classe tramite il coordinatore chiedendo, come da accordi con il ragazzo e la famiglia, «si usasse il nome scelto dal minore». Il corpo docenti non è stato coinvolto direttamente, ammette Piccigallo, ma solo per «tutelare la privacy dello studente» mentre rifiuta l’accusa di aver evitato l’attivazione della carriera alias per non turbare alcuni insegnanti: «Nella nostra scuola sono presenti figure di sistema per l’inclusione e per le pari opportunità, nonché progetti, approvati dal Collegio dei docenti a partire dallo scorso anno scolastico, dedicati alla sensibilizzazione delle problematiche inerenti alla gestione degli stereotipi di genere e la violenza di genere». Ne parleranno in un Collegio Docenti del 13 dicembre davanti agli organi collegiali: «Questo è il primo passo di un percorso condiviso che si concluderà secondo tempistiche certe e non dilazionatorie», conclude la preside. Intervistato dal “Corriere della Sera” ha parlato anche il diretto interessato della polemica, Geremia, contraddicendo la versione della dirigente: «La cosa è venuta fuori perché avevo fatto richiesta alla preside a settembre dell’attivazione della carriera alias (quella che permette allo studente di assumere il nome del genere di cui si sente parte, ndr), e lei si è rifiutata dicendo mi che i prof non erano pronti, secondo lei , e che andavano rispettate le idee dei più anziani. Io l’ho detto ai rappresentanti di istituto, loro l’hanno incontrata ma la risposta è stata la stessa. In tutto questo i compagni non mi hanno mai discriminato , assolutamente: sono stato sempre sostenuto, già dal coming out di due anni fa. Poi durante l’occupazione è stato dato risalto alla notizia e così è venuta fuori».