Gaza, il patriarca Pizzaballa sul piano di pace di Trump: "Vediamo la luce, ma ora servono nuovi leader". Per Zuppi si è aperto un varco che non va chiuso
PIZZABALLA SULLA SVOLTA IN MEDIO ORIENTE
Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, riflette sulla situazione in Medio Oriente, dopo due anni di guerra e sofferenze, soffermandosi sulla svolta raggiunta con l’accordo sul piano pace di Donald Trump, tanto da definirlo la luce alla fine di una lunga notte, un’alba che porta speranza.
Ne parla a Repubblica, precisando che però la riconciliazione sarà lenta e difficile, visto che richiede il riconoscimento del dolore dell’altro, il superamento della logica dell’io. Anche per questo ritiene che sia necessaria una nuova leadership, sia politica sia religiosa, più coraggiosa e creativa.
Per quanto riguarda le comunità cristiane, Pizzaballa ha ribadito che la Chiesa vuole dare il suo sostegno con scuole e ospedali. C’è poi il caso Cisgiordania, dove la fine della guerra non risolve le radici del conflitto.
Riguardo la questione palestinese, per Pizzaballa la soluzione dei due Stati resta l’ideale, seppur difficile da realizzare: bisogna immaginare un futuro dignitoso per entrambi i popoli. “La questione palestinese non è risolta: la fine della guerra non è la fine del conflitto. Il conflitto continua e le sue cause non sono ancora state prese in considerazione. Quello di queste ore è solo il primo passo“.
IL RISVEGLIO DEI GIOVANI E LE TENSIONI CON ISRAELE
Pizzaballa osserva poi con speranza le grandi mobilitazioni giovanili in Europa contro la guerra, che hanno risvegliato coscienza e senso di dignità collettiva. “La Flotilla ha smosso tantissime coscienze, ma è giusto dire che Gaza aveva scosso le coscienze già da molto tempo“.
Infine, riconosce le tensioni tra Vaticano e Israele: “Dobbiamo ripartire da dove non ci siamo compresi: chiederci il perché e crescere. Un po’ di dialettica ci sarà sempre, ma lo spazio c’è, le persone che lo vogliono fare ci sono“.
Ma il patriarca latino di Gerusalemme le legge come occasione di verità e di dialogo nuovo, concludendo con una nota di realismo: il mondo probabilmente si dimenticherà presto di Gaza e Cisgiordania, ma la Chiesa continuerà a esserci, come sempre.
ZUPPI: SOLUZIONE NEL DIALOGO, NON NELLE ARMI
Del piano di pace di Trump ha parlato anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, secondo cui la svolta è un “varco” verso la pace che va sostenuto per impedire che si chiuda. Lo ha dichiarato alla Stampa, spiegando che l’inizio di questo cammino è fragile e richiede impegno, perché bisogna affrontare i problemi reali.
Nessuno possiede da solo la chiave della pace, si costruisce solo con il lavoro comune e la diplomazia. Quindi, cessate il fuoco e liberazione degli ostaggi sono basi fondamentali, ma Zuppi avverte che un fallimento delle trattative avrebbe conseguenze gravissime. Inoltre, critica l’idea che la forza delle armi sia inevitabile: occorre invece rafforzare “la forza del diritto“.
Per quanto riguarda Gaza, l’arcivescovo di Bologna ritiene che i massacri abbiano superato ogni limite e che le operazioni militari israeliane non possano più essere giustificate.
IL PERCORSO PER UNA PACE VERA E DURATURA
Come Pizzaballa, ritiene che sia indispensabile un percorso di ‘guarigione’ e riconciliazione tra israeliani e palestinesi, insistendo sul dialogo interreligioso, convinto che i credenti debbano assumersi la responsabilità di combattere guerre e divisioni. “La guerra Dio l’ha già abrogata. Sono i credenti che debbono impararlo“.
C’è poi una critica ai nazionalismi, che considera un tradimento della vera identità, e un invito a costruire organismi sovranazionali capaci di garantire pace e giustizia. “Non hanno niente a che fare con l’amore della propria patria, anzi, ne rappresentano il tradimento perché è contro altri e non insieme“.
Infine, condanna l’antisemitismo, così come ogni forma di odio religioso, e richiama l’Europa a impegnarsi con unità nella via della pace, ricordando che riconoscere il dolore dell’altro è la premessa indispensabile per costruire un futuro comune. “L’educazione alla pace è un atto di resistenza rivoluzionaria in tempi in cui si teorizza che la guerra sia una compagna naturale della storia dell’uomo. Capire il dolore degli altri è la premessa per fare la pace“, ha concluso Zuppi alla Stampa.