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Home » Politica » LEGGE 40/ Gambino: La Corte al bivio tra la buona e la cattiva strada

  • Politica

LEGGE 40/ Gambino: La Corte al bivio tra la buona e la cattiva strada

Int. Alberto Gambino
Pubblicato 3 Aprile 2009
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La Corte costituzionale si è espressa dichiarando in parte inammissibile la Legge 40 sulla fecondazione assistita. Ma quale scenario si apre a fronte di questa presa di posizione? Alberto Gambino lo spiega ai lettori de ilsussidiario.net

La sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittime le parti della legge 40 sul limite massimo della produzione in provetta di tre embrioni e la mancata previsione di un rifiuto all’impianto motivato dal pregiudizio della salute della donna, ha suscitato interpretazioni discordanti. Abbiamo chiesto un commento al prof. Alberto Gambino, Ordinario di Diritto privato e responsabile del Centro dipartimentale per la ricerca dell’Università Europea di Roma.


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Cosa dice esattamente questa decisione della Corte costituzionale?

Dobbiamo aspettare le motivazioni per dare un giudizio definitivo. Dal comunicato della Corte emerge che cade il divieto di creare fino a tre embrioni. Inoltre mentre prima la scelta del numero di embrioni da creare (comunque non superiore a tre) era legato a “quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto”, ora cade quest’ultima parte della norma e, dunque, il numero di embrioni da creare (anche superiore a tre) si legherà a ciò che è “strettamente necessario”.


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Ma viene da chiedersi, cosa significa “strettamente necessario” se disancorato dal fine dell’ “unico e contemporaneo impianto” che ora non c’è più? Si intende “necessario” rispetto al raggiungimento della gravidanza? Vuol dire che si potranno creare più di tre embrioni perché si immagina, nell’atto della loro produzione, che una volta deposti nella sede uterina non tutti si impianteranno e, quindi, è opportuno trasferirne più di tre?

Ma questo crea un altro problema legato appunto al richiamo della Corte relativo al rifiuto della donna motivato da “pregiudizio della salute”.


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Cosa significa questo in concreto?

Significa che in punto di partenza si potrebbe creare un certo numero di embrioni ritenuti dal medico “necessari” per ottenere la gravidanza in rapporto alle condizioni cliniche e di età della donna e, dunque, anche superiori a tre, ma poi, in concreto, nella fase del trasferimento nella sede uterina doverne scartare alcuni per il rischio di compromettere la salute a causa di un’eventuale gravidanza plurigemellare.

Mi pare apparente la contraddizione tra l’ammettere che si possano creare più di tre embrioni e l’evidenza che con il trasferimento in utero di più di tre, potremmo arrivare a gravidanze quadrigemine sicuramente rischiose per la salute della donna.


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Si è detto che ciò di fatto aprirebbe all’eugenetica.

Sì, se si verificasse davvero una doppia fase valutativa, una attinente alla fase della produzione degli embrioni, relativa al numero astrattamente necessario per la gravidanza, e poi una attinente alla fase del trasferimento, dove la salvaguardia della salute della donna potrebbe consigliare di trasferire un numero di embrioni minore di quelli prodotti. Davanti a più di tre embrioni prodotti e la pericolosità di trasferirli tutti, si finirebbe per sceglierne alcuni, scartando gli altri. Del resto era proprio questo che si voleva evitare con il limite dei tre embrioni, che comunque avrebbero al massimo comportato gravidanze trigemine, che oggi si possono affrontare.


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Dunque cosa ne sarebbe degli embrioni in eccedenza?

Verrebbero presumibilmente crioconservati, come già avviene oggi per gli embrioni che non sono stati trasferiti “per causa di forza maggiore”. Alla forza maggiore ora si aggiunge l’eventualità del pregiudizio alla salute della donna.

E’ possibile una lettura diversa?

Ripeto, dobbiamo aspettare le motivazioni per una lettura completa. Certamente le valutazioni cambierebbero se in realtà l’eliminazione del tetto dei tre embrioni fosse un atto di fiducia nella scienza e si intendesse che un giorno potrebbero affrontarsi, senza particolari rischi per la donna, anche gravidanze quadrigemine e oltre.


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Ritiene possibile questa interpretazione?

La decisione, in effetti, non tocca altre parti della legge che pur erano state impugnate, a cominciare dal divieto di “riduzione embrionaria di gravidanze plurime”. Dunque parrebbe corretto ritenere che già nella fase della scelta del numero di embrioni da produrre (apparentemente libero, secondo il comunicato della Corte) si soppesi tale decisione con il grado di pericolosità di gravidanze plurigemellari sulla salute della donna.

Il che allora porterebbe a dire che in concreto, almeno fino a nuove certezze scientifiche, il numero limite di embrioni producibili in provetta sia ancora al massimo tre, in vista appunto di possibili gravidanze trigemine oggi affrontabili. Peraltro è auspicabile che, considerati i progressi delle tecniche in atto e dei lusinghieri risultati, gli embrioni prodotti siano uno o al massimo due.

Qualcuno ha intravisto in questa decisione un conflitto tra Parlamento “eletto” che legifera e Corte costituzionale “non eletta” che vanifica le leggi, Lei che ne pensa?

Se intende riferirsi alla possibilità di discutere dei criteri di rappresentatività della Corte costituzionale – che oggi è composta da cinque membri eletti dalle Magistrature, cinque dal Parlamento e cinque designati dal Capo dello Stato – tutto si può fare, ma non lo ancorerei alla emotività conseguente ad una decisione, rispetto alla quale peraltro dobbiamo ancora leggere le motivazioni.

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